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Messico, primi passi verso la canapa legale

Fuoriluogo La rubrica settimanale a cura di Fuoriluogo

Pubblicato quasi 9 anni faEdizione del 16 dicembre 2015

Il Messico pare pronto ad una svolta nelle politiche delle droghe. Domani 17 dicembre la Commissione federale competente rilascerà i primi quattro permessi per la coltivazione ed il consumo anche a scopo ricreativo di marijuana, a seguito della sentenza della Suprema Corte che il 4 novembre ha accolto il ricorso di un gruppo di attivisti della Sociedad Mexicana de Autoconsumo Responsable y Tolerante. Nel frattempo le domande inoltrate alla Commissione sono diventate 155 e se venissero rifiutate ci sarebbero ricorsi alla Suprema Corte e se anche solo 5 fossero accolte, allora il Governo sarebbe obbligato a varare una legge.

Il pur dubbioso Presidente della Repubblica Pena Nieto non ha potuto che prendere atto della situazione e con intelligenza politica ha lanciato un’iniziativa che da gennaio 2016 toccherà le varie regioni dello Stato per informare e promuovere un confronto aperto fra esperti, medici e società civile su argomenti qualificanti come il costo di una potenziale regolamentazione della coltivazione e il consumo della marijuana, gli effetti sulla criminalità, il diritto al consumo. Malgrado Pena Nieto sia contrario al “consumo” e alla legalizzazione della marijuana, l’apertura di un dibattito pubblico favorirà il fatto che opinioni, dati e ricerche a favore di una depenalizzazione siano portati a conoscenza della popolazione.

Un autorevole interlocutore ha già espresso pubblicamente la sua influente opinione, si tratta dell’ex Presidente della Repubblica Vincente Fox che ha dichiarato: «Tutte le droghe, inclusa la cocaina, l’eroina e la metanfetamina saranno legali in Messico entro 10 anni. La marijuana è un primo passo, ma il processo è irreversibile». Fox dopo la Presidenza è diventato un convinto antiproibizionista, e in una recente intervista (luglio 2015) ha sottolineato come la guerra alla droga lanciata da Nixon 45 anni fa ha convogliato in Messico risorse per armi e polizia ma nello stesso tempo lo ha trasformato in un sanguinoso campo di battaglia. Sono infatti più di 150.000 le vittime degli scontri fra narcos, e tra narcos e polizia solo negli ultimi 7 anni, ed è difficile contraddire la diretta relazione fra proibizionismo e criminalità.

Secondo la Dea (Agenzia Antidroga Usa) i cartelli dei narcotrafficanti messicani dediti all’esportazione di droga negli Usa, ormai insediati nelle maggiori città statunitensi dove si occupano anche della distribuzione, stanno puntando su sostanze maggiormente redditizie, come l’eroina prodotta direttamente in Messico, dopo il crollo dei pezzi della marijuana a causa della legalizzazione in Colorado, Oregon, Washington, Alaska e nel Distretto di Columbia. Ma ancor più indicative sono le notizie che arrivano dall’Asia e dall’Oceania: Giappone, Hong Kong, Thailandia e Australia sono i nuovi mercati di sviluppo per i cartelli dei narcos messicani. In questi paesi la domanda è in continuo aumento e le severe politiche proibizioniste, che in Thailandia prevedono anche la condanna a morte degli spacciatori, hanno portato il prezzo della cocaina alle stelle attirando sempre più l’attenzione della criminalità messicana.

Insomma il re è nudo, solo la depenalizzazione del consumo ed una regolamentazione della produzione e vendita possono impensierire i grandi interessi criminali che raccolgono miliardi di dollari nelle praterie della war on drugs. Questa svolta conferma l’importanza della sessione straordinaria dell’Onu che si svolgerà nell’aprile del prossimo anno a New York per una riflessione critica sugli esiti della politica fallimentare delle droghe. È indispensabile un confronto pubblico anche in Italia su Ungass 2016 come richiesto dal Cartello di Genova al Dipartimento Politiche Antidroga.

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