Cominciano oggi, in Messico, i Giochi centroamericani e caraibici, in un clima di alta tensione per il massacro di Iguala e la scomparsa di 43 studenti, il 26 settembre. Veracruz, una delle cinque sedi dei Giochi, è blindata. Mercoledì scorso, a Xalapa, capitale dello stato di Veracruz, i manifestanti hanno tentato di spegnere la torcia olimpica al grido di: «Non vogliamo giochi, vogliamo giustizia». E ora minacciano di boicottare gli eventi sportivi.
Proprio in questi giorni, a Pueblo Viejo, a nord dello stato, una telefonata anonima ha fatto scoprire una tomba clandestina contenente corpi in avanzato stato di decomposizione e con segni di tortura: probabili vittime dello scontro tra cartelli della droga in lotta per il controllo del territorio, dove agiscono Los Zetas e il Cartello del Golfo. Nel 2014, nello stato (che conta 7,6 milioni di abitanti) sono state scoperte cinque fosse comuni contenenti i resti di 47 persone. E la zona resta tra quelle a più alto rischio in un paese in cui la media degli assassinii è di 19 ogni 100.000 persone. Secondo le organizzazioni per i diritti umani, Veracruz è «un inferno per i giornalisti». L’ultimo, è stato ucciso a febbraio.
Anche dopo il massacro di Iguala (sei ragazzi uccisi dall’azione congiunta di polizia locale e narcotrafficanti) e la scomparsa di 43 studenti sono state scoperte 12 fosse comuni contenenti resti carbonizzati. E si attendono i risultati delle perizie su alcune ossa ritrovate in una discarica di Cocula. Secondo le confessioni di narcotrafficanti arrestati, gli studenti sono stati uccisi e bruciati, ma finora non si sono trovati riscontri. E le famiglie non ci credono: anche perché, recentemente, in un comunicato indirizzato al presidente messicano Henrique Peña Nieto per denunciare nomi di politici sul loro libro paga, i narcotrafficanti dei Guerreros Unidos hanno sostenuto che i 43 scomparsisono in vita.
Per le ricerche, i famigliari più che sull’appoggio delle autorità contano sui gruppi di autodifesa comunitaria, che hanno localizzato 26 tombe clandestine. Ma solo tre hanno attirato l’attenzione dei periti ufficiali. La Banca dati genetici del Messico custodisce 25.884 campioni di Dna, ma solo 542 corpi sono stati identificati dal 2008, a fronte di circa 27.000 persone scomparse. Le organizzazioni denunciano una serie di gravi errori e inadempienze dei periti quando si scoprono cadaveri. Solo quattro degli 89 corpi ritrovati nel Guerrero dalle autorità nel 2014 sono stati identificati.
Ieri, il fermo del sindaco di Iguala, Luis Abarca, accusato di aver ordinato il massacro, è stato tramutato in arresto. Intanto, è partita una carovana composta da tre Brigate informative, organizzata da famigliari, studenti e sindacalistidiretta in tre regioni del paese, che concluderà il suo viaggio il 20 novembre con una grande concentrazione nella capitale.Oltre 3.000 persone hanno firmato una petizione da inviare al segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, per chiedere che il massacro di Iguala venga considerato un «crimine di stato».