Messico, la guerra dei narcos punta alle urne
Violenza 43 morti in uno scontro a fuoco tra civili armati e polizia federale
Violenza 43 morti in uno scontro a fuoco tra civili armati e polizia federale
Nel Michoacan, in Messico, uno scontro tra polizia federale e civili armati ha lasciato un saldo di 43 morti e un ferito grave. La zona è presidiata dall’esercito e dalle forze speciali della polizia federale nell’ambito delle operazioni contro un nuovo cartello criminale, i Jalisco Nueva Generacion (Cjng). Il Primo maggio, i narcos (che prendono il nome dall’omonimo stato, contiguo a quello in cui si è verificato lo scontro) hanno abbattuto un elicottero militare usando lanciarazzi. E anche in questa occasione è stato sequestrato un ingente quantitativo di armi pesanti. Un salto di qualità nell’inarrestabile escalation di violenza che scuote il paese.
Secondo un nuovo rapporto dell’Istituto internazionale di studi strategici, dopo Siria e Iraq il Messico è il paese del mondo in cui muoiono più persone a causa di conflitti armati: 16.000 nel 2014. Solo nei primi mesi di quest’anno si sono registrati 8.845 omicidi, 340 sequestri e oltre 1.000 estorsioni. Durante i sei anni di presidenza di Felipe Calderon, gli omicidi sono stati circa 70.000. Con Enrique Peña Nieto, in meno di tre anni sono state assassinate 41.737 persone. Nei primi tre mesi del 2015, gli stati più violenti sono risultati quello di Messico, Guerrero, Chihuahua, Tamaulipas e Jalisco. Il 70% dei fatti di violenza si verifica nei dieci stati attraverso i quali passano le principali vie del narcotraffico dirette negli Usa. L’anno scorso, la corruzione è costata circa 22.479 milioni di dollari.
Il Guerrero è balzato all’attenzione del mondo dopo il sequestro dei 43 studenti della scuola rurale di Ayotzinapa. La carovana informativa dei movimenti per chiedere di non dimenticarli è ripartita per un giro in Sudamerica. Ed è di questi giorni la denuncia che uomini armati hanno rapito altre 15 persone. Dopo il Guerrero, il Chihuahua conta il più alto numero di omicidi di minorenni: 38 ogni 100.000 abitanti. Ciudad Juarez, che si trova in quello stato, è stata considerata per anni la più grande tomba del pianeta, cimitero di donne uccise. Di recente, è stata a lungo sui media la notizia del bambino di 6 anni, torturato e ucciso nel Chihuahua da alcuni adolescenti che «giocavano al sequestro». Secondo il Wall Street Journal, i Jalisco sono allenati da ex militari delle forze speciali Usa, e sarebbero dietro la nuova ondata di omicidi politici che sta precedendo le elezioni del 7 giugno. Già diversi candidati sindaci sono stati uccisi.
Le cifre della violenza e della narcopolitica si accompagnano agli indici della disuguaglianza crescente, a causa delle politiche neoliberiste incentivate da Peña Nieto. Secondo l’ultimo rapporto dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), circa il 10% dei messicani più ricchi detiene il 36% delle risorse effettive, mentre al 40% dei più poveri va solo il 12,5%. Solo il Cile supera il Messico in termini di concentrazione della ricchezza. Il Messico dedica solo l’8% del suo Prodotto interno lordo all’educazione e alla salute: «Quando un gruppo così grande di popolazione guadagna così poco dalla crescita economica – scrive l’Ocse – il tessuto sociale si lacera e la fiducia nelle istituzioni si sgretola».
Ieri, molte città del Messico hanno organizzato marce per la giornata mondiale contro la Monsanto e la piaga del transgenico. E i lavoratori giornalieri, ancora in agitazione nonostante la repressione che li ha colpiti, aspettano il governo al varco della trattativa all’inizio di giugno. Degli 11 milioni di indigeni che abitano in Messico, l’80% si dedica al lavoro dei campi, senza contratto né salario conforme alle leggi del lavoro.
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