L’Europa è a un passo dal perdere la pazienza e lo dice a chiare lettere. Vuole la firma italiana in calce alla riforma del Mes. Se non la otterrà è facile prevedere che la disposizione di Bruxelles diventerà molto più gelida. Una anonima «fonte autorevole» fa sapere che l’Europa «si aspetta che la questione della ratifica del Mes venga fuori nella riunione dell’Eurogruppo del 15 maggio e che il ministro italiano chiarisca i suoi piani». Certo, concede l’anonimo, la ratifica dei trattati compete ai parlamenti nazionali. Però, aggiunge, «quando un accordo viene raggiunto dai rappresentanti dei governi» ci si aspetta che «venga poi onorato da quel governo e da quelli successivi». Dietro l’apparenza vellutata sono parole dure, che riflettono gli umori battaglieri emersi nell’ultima riunione dell’Eurogruppo nella quale, assente Giorgetti, sull’Italia sono piovute critiche al vetriolo.

Non è la prima volta che un Paese blocca da solo l’intera Ue: basti pensare al ruolo dell’Ungheria nell’estenuante vicenda del tetto al prezzo del petrolio. La situazione dell’Italia è però più fragile e non solo perché l’Ungheria era spalleggiata dalla potente Germania. Il vero punto debole di Roma è il Pnrr. La terza rata del Recovery è ancora bloccata: non che sia stata chiesta per la terza volta la proroga di un mese. Però dopo quasi 10 giorni dalla scadenza del 30 aprile la commissione sta ancora valutando la correzioni apportate dall’Italia ed è inutile chiedere quando prenderà una decisione: «Terminata la valutazione faremo sapere».

Con la terza rata ancora nel limbo, già si addensano nuvoloni sulla quarta, pari a 16 miliardi. Senza neppure aspettare Bruxelles a obiettare, e pesantemente, è stata il 3 maggio la Corte dei Conti. Le critiche, più severe che mai, erano rivolte ai ministri dell’Ambiente e delle Infrastrutture per i ritardi su due dei 27 obiettivi da raggiungersi entro giugno, in particolare sui mancati appalti per le 40 stazioni di rifornimento a idrogeno per le autovetture. Esasperato il ministro Fitto sbotta e risponde a muso duro: «La funzione della Corte dei Conti non comprende in alcun modo l’accertamento del mancato conseguimento della milestone europea, che compete esclusivamente alla Commissione nell’interlocuzione con lo Stato membro». Detta interlocuzione, prosegue Fitto è in corso anche per quanto riguarda gli obiettivi da raggiungere entro giugno.

«È un percorso difficile ma ce la possiamo fare», aggiungerà più tardi ottimista. L’aver affermato che non tutti gli obiettivi possono essere raggiunti per la scadenza del giugno 2026 «era una ovvietà», assicura e probabilmente non ha torto. In campo resta dunque una rimodulazione piuttosto radicale del Piano da concordarsi con l’Unione entro il 31 agosto. Solo che ingaggiare un braccio di ferro contro tutti sulla ratifica del Mes non è la via migliore per sbloccare la rata in sospeso, evitare un nuovo semaforo rosso sulla quarta rata, far accettare da Bruxelles una revisione «a 360 gradi» del Pnrr.