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Merkel vince quanto basta. E si prepara all’alleanza con la Spd

Merkel vince quanto basta. E si prepara all’alleanza con la SpdAngela Merkel

Germania Paradossalmente una maggioranza assoluta dei seggi avrebbe reso la cancelliera più debole, visti i numerosi euroscettici presenti nella Cdu.

Pubblicato circa 11 anni faEdizione del 24 settembre 2013

Mancare di poco la maggioranza assoluta ed esserne felici: questo è il paradosso della vittoria elettorale di Angela Merkel. La democristiana continuerà a guidare il governo della Repubblica federale tedesca: il suo partito (Cdu-Csu) ha ottenuto un 41,7% degno dei tempi gloriosi di Helmut Kohl, che tradotto in seggi significa 311 sul totale di 630 deputati del Bundestag. Una manciata di rappresentanti in più, e Merkel avrebbe potuto formare un gabinetto monocolore per la seconda volta nella storia tedesca: un’impresa che riuscì solo a Konrad Adenauer nel 1957.

E tuttavia, realizzare il sogno di qualunque dirigente politico per Merkel avrebbe voluto dire disporre di una maggioranza instabile. Molto più di quanto non lo sia con un alleato ideologicamente distante come, almeno sulla carta, è il Partito socialdemocratico (Spd). Il motivo è presto detto: fra gli eletti nelle file democristiane ci sono notoriamente almeno una decina di «battitori liberi» sulla politica europea. Persone poco disposte a votare a favore di nuovi «pacchetti di aiuti» alla Grecia che, come annunciato in campagna elettorale dal ministro delle finanze Wolfgang Schäuble, saranno quasi sicuramente adottati l’anno prossimo.

Meglio, dunque, per la cancelliera, non dover ballare ogni volta su un paio di voti, ma assicurarsi una stabile maggioranza con un altro partito. Nei confronti del quale le gerarchie uscite dalle urne sono assolutamente chiare. La Spd, che con maggiore probabilità è la forza che si alleerà con Merkel, ha guadagnato il 2,7%, ma la distanza dalla Cdu-Csu è enorme: 16 punti. Soltanto negli anni Cinquanta il divario fra i due principali partiti tedeschi è stato maggiore: quattro anni fa, quando i socialdemocratici fecero il peggiore risultato della loro storia, la differenza era del 10%. E infatti nella Spd non c’è nessuno che canta vittoria.

La cancelliera sa che nel caso in cui nascerà una grosse Koalition, a soffrirne sarà soltanto l’alleato, che si troverebbe in difficoltà sia nei confronti della propria base militante, sia del proprio elettorato. Il timore che serpeggia è che si replichi il film della precedente grande coalizione, quella che ha retto la Germania tra il 2005 e il 2009, dalla quale la Spd è uscita con le ossa rotte. Venerdì si riunisce l’assemblea nazionale del partito e, in quella sede, verrà probabilmente presa la decisione definitiva: la sinistra interna frena sul governo con la Cdu-Csu, ma alla fine è molto probabile che prevarrà l’immancabile «senso di responsabilità».

Se invece nella Spd dovesse imporsi l’opinione di chi preferisce stare all’opposizione, a tentare di formare il governo con Merkel sarebbero i Verdi. Che, dopo i liberali della Fdp, sono i grandi sconfitti di questa tornata elettorale: hanno perso il 2,3%, attestandosi sull’8,4%. Se si considera che, fino a pochi mesi fa, i sondaggi attribuivano loro addirittura il 15%, si può cogliere bene il disorientamento che serpeggia nelle file degli ecologisti. Sul banco degli imputati c’è la linea «troppo a sinistra» e troppo poco ecologista interpretata dalla figura-chiave del partito, Jürgen Trittin, per il quale è lecito attendersi un pensionamento anticipato.

Simile a quello dei Grünen è il risultato della Linke (8,6%), ma la lettura politica è completamente diversa. In questo caso, la soddisfazione del gruppo dirigente è ampiamente giustificata: nonostante sia un arretramento rispetto all’ottimo 11,9% del 2009, l’esito delle urne dimostra che il partito è di nuovo in salute dopo la drammatica crisi interna vissuta negli anni scorsi. Come si evince anche dal risultato delle regionali in Assia, dove la Linke è riuscita a superare lo sbarramento del 5%, entrando per la terza volta consecutiva nel Parlamento di un Land della Germania ovest. Nella regione di Francoforte nessuna coalizione «tradizionale» ha i numeri per governare, e potrebbero aprirsi anche i giochi per un’alleanza a sinistra.

Del tutto escluso è, invece, che i tre partiti progressisti provino ad usare la maggioranza di seggi di cui dispongono a Berlino: dalla Linke si levano voci in tal senso, ma la risposta è quella negativa di sempre. L’unico punto che unisce davvero le sinistre è la soddisfazione per la batosta della Fdp (4,8%) che non entra nel Bundestag: il furore neoliberista è diventato – come titolava ieri die taz – «opposizione extraparlamentare». Complice, anche, l’exploit degli euroscettici di Alternative für Deutschland (4,7%), che solo per un soffio non superano lo sbarramento.

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