Lavoro

Mercatone Uno non va al ministero «Liquidazioni folli»

Mercatone Uno non va al ministero «Liquidazioni folli»Un presidio sotto un punto vendita Mercatone Uno

Mobilifici in crisi La storica catena italiana vuole chiudere 34 dei 79 punti vendita dove lancia sconti del 70 per cento. Centinaia di lavoratori sotto il ministero a Roma. Ma la proprietà non si va vedere. Intanto alla Semeraro l'azienda paga gli stipendi arretrati in mobili

Pubblicato più di 9 anni faEdizione del 2 aprile 2015

Ieri doveva essere il d-day per i lavoratori della Mercatone Uno. Ma già lunedì la proprietà ha annunciato che non avrebbe partecipato al tavolo convocato al ministero per non specificati «adempimenti societari». E ad oggi non c’è ancora una data futura concordata per decide la sorte di quasi 4 mila dipendenti.

Ieri mattina da tutta Italia (specie dall’Emilia, dalla Romagna, dall’Abruzzo e dalla Puglia) in trecento hanno protestato sotto al ministero dello Sviluppo. Ricevendo la promessa di un tavolo istituzionale di garanzia e di ammortizzatori sociali.

La situazione di una delle più grandi catene italiane di mobili e arredamento è drammatica. Lo storico marchio che ha legato la sua immagine a Marco Pantani – con la sponsorizzazione della sua squadra nell’anno della doppietta Giro e Tour del 1998 – viaggia da anni al limite del fallimento. I contratti di solidarietà non sono bastati.

L’esposizione debitoria del gruppo di Imola è «spaventosa». Così il patron Romano Cenni ha deciso di presentare richiesta di concordato in bianco. L’azienda non ha formalizzato alcuna procedura di licenziamento collettivo, ma perfino i sindacati la danno per scontata. Il piano per salvare il salvabile prevede infatti la chiusura di 34 punti vendita – sui 79 totali – avviando contemporaneamente una vendita promozionale giudicata da Cgil, Cisl e Uil come un «vendo tutto e me ne vado».

«L’azienda – spiegano – ha fatto due tipologie di promozioni: una più classica, destinata ai punti vendita che probabilmente continueranno ad essere aperti se arriverà un nuovo acquirente, ed una vera e propria liquidazione con sconti fino al 70 per cento per i 34 punti vendita destinati a chiudere alla fine il 27 aprile, arrivando perfino a saccheggiarli portando via i mobili con i tir nel giro di qualche giorno». La risposta dei lavoratori è stata durissima. Scioperi e picchetti in molti punti vendita hanno impedito la razzia.

I dipendenti diretti sono 3.500 circa. In più ci sono 150 tempi determinati e ben 360 in associazione in partecipazione, l’unica delle 46 forme di lavoro che il governo ha deciso di cancellare col Jobs act, «le ultime 20 – denuncia Sabina Bigazzi della Filcams Cgil – assunte addirittura a dicembre». In più fra padroncini che montano i mobili, addetti alla sicurezza e alle pulizie si arriva ad un indotto di quasi altre mille lavoratori.

Per il sindacato il rinvio dell’incontro «denota che la famiglia Cenni e il socio Valentini si stanno scannando sul da farsi», spiega Bigazzi.

L’incontro dei sindacati con il viceministro Claudio De Vincenti è servito al governo per «confermare l’attenzione del governo, il coinvolgimento del ministero del Lavoro per gli ammortizzatori sociali e la garanzia di riconvocherà Mercatone Business e le organizzazioni sindacali subito dopo le festività pasquali».

Il settore del mobile in Italia sta vivendo crisi aziendali «tragiche e catastrofiche», continua Bigazzi. Oltre alla Mercatone Uno, le crisi non si contano. Con aspetti «addirittura grotteschi che farebbero ridere se non fossero sulla pelle dei lavoratori: la Semeraro, importante mobilificio del nord, ad esempio durante una trattativa alla domanda se e quando volessero pagare le tre mensilità arretrate, ci ha risposto che le sta già pagando. Ma in mobili».

ABBONAMENTI

Passa dalla parte del torto.

Sostieni l’informazione libera e senza padroni.
Leggi senza limiti il manifesto su sito e app in anteprima dalla mezzanotte. E tutti i servizi della membership sono inclusi.



I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento