Duecentocinque anni fa nelle Marche un ragazzo appena maggiorenne mai uscito dal suo borgo, quando i borghi erano luoghi da cui volere giustamente fuggire più che da ripopolare, componeva versi capaci di fissare per sempre lo scarto tra un confine terreno e il cosmo, tra l’eternità e il presente necessario (per avvertire la vertigine di un tutto indefinito); lo faceva con gli endecasillabi dell’ Infinito una delle liriche italiane più famose, centrale nelle antologie scolastiche e una delle poche, forse anche in ragione della sua sfolgorante brevità, che ancora si osa fare mandare a memoria agli studenti. Dustin Hoffmann, diretto...