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Meloni richiama gli alleati: compatti e niente sprechi

Meloni richiama gli alleati: compatti e niente sprechiIl Presidente del Consiglio Giorgia Meloni a Palazzo Chigi – Lapresse

La «manova complicata» La premier: «Siamo un governo politico, faremo delle scelte». Il ministro dell’Economia pessimista sulle nuove regole Ue

Pubblicato circa un anno faEdizione del 29 agosto 2023

Dietro l’angolo c’è la legge di bilancio ma nella prima riunione del consiglio dei ministri dopo la pausa estiva la premier mette da parte i dossier economici e parla prima di tutto degli stupri di Caivano e Palermo. Chiede interventi drastici, esprime piena solidarietà alle vittime, si impegna a «bonificare l’area garantendo che per la criminalità non esistono zone franche». Accogliendo l’invito di don Patriciello, andrà a Caivano «non per una semplice visita o per una passerella – giura – bensì per offrire sicurezza alla popolazione».

L’ECONOMIA PERÒ reclama la sua centralità e Meloni non si fa pregare. Non bastano i tagli, pur sempre utili. Con le forbici si fa politica, stornando fondi da alcune misure per convogliarli su altre secondo una logica che deve essere appunto politica e non solo di ragioneria. È il passaggio centrale nel lungo discorso al cdm con il quale ieri pomeriggio Giorgia Meloni ha avviato la lunga marcia verso la legge di bilancio e verso «un anno molto impegnativo» che richiederà «il massimo della compattezza». Nella sostanza condivide in pieno la linea del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, anche perché «tutti gli osservatori dicono che la congiuntura si sta facendo più difficile a partire dal rallentamento dell’economia tedesca». Conclusione: «Le risorse disponibili devono essere usate con massima attenzione» e i ministeri devono stare ben attenti a evitare «sprechi e inefficienze: le poche risorse che abbiamo devono essere spese al meglio».

È QUI CHE LA PREMIER prova a scartare dall’abituale esortazione a stringere le cinghia, cercando di trasformare la difficoltà in opportunità. Un governo politico non sforbicia ovunque ma trasforma la necessità in strumento per «imprimere quel cambiamento che ci è stato richiesto. Se ci sono misure che non condividiamo politicamente, quelle misure non vanno più finanziate e le risorse vanno utilizzate per gli interventi nel nostro programma». È un tratto di penna che cancella ogni ricordo del Reddito di cittadinanza ma anche del Superbonus che la premier bolla come «una tragedia contabile, costato più di 12 miliardi di irregolarità, la più grande truffa ai danni dello Stato». Ma è anche un segnale rivolto alla maggioranza: la situazione non permette assalti alla diligenza o insistenze sulla propria bandiera. È presto per dire cosa conterrà la legge di bilancio ma le priorità politiche sono chiare e non lasciano molto spazio ad altre voci: sostegno alla famiglia, lotta contro la denatalità, sostegni alle fasce deboli. Quest’ultima voce si traduce nel lessico meloniano con un solo provvedimento: la conferma del taglio del cuneo fiscale.

MA I PARTITI della maggioranza non intendono mollare, almeno non del tutto, e Giorgetti, nella conferenza stampa finale, apre uno spiraglio a Forza Italia. Il vicepremier forzista Antonio Tajani insiste per un aumento delle pensioni minime da 600 a 700 euro. Per le coperture suggerisce una nuova ondata di privatizzazioni, a partire dai porti. il leghista Matteo Salvini ha già bocciato l’ipotesi ma Forza Italia i precisa: «Non bisogna confondere la gestione dei servizi dalle strutture in sé: nessuno vuole vendere i porti». Il ministro dell’Economia non esclude di «valutare altre operazioni in cui disinvestire». Cioè di privatrizzare.

SULL’AMMONTARE della manovra Giorgetti non si sbottona: «Dipenderà anche dai fattori europei. Forse troveremo l’accordo sul nuovo Patto di stabilità, forse no». Lui però non è ottimista. Ritiene «più probabile» che non si arrivi all’intesa entro l’anno e a quel punto molto dipenderebbe dall’immediato rientro in vigore o meno delle vecchie regole. L’Italia mira a una sorta di proroga o a una fase cuscinetto ma non è affatto detto che riesca a spuntarla.

SEMBRA INVECE escluso, per ora, un intervento sulle accise. Costerebbe 7 miliardi e renderebbe quasi impossibile la conferma del taglio sul cuneo. Nell’opinione di Meloni sarebbe una misura a vantaggio dei più ricchi, che consumano più carburante, a differenza del taglio che invece aiuta i redditi più bassi. Il discorso sui «tagli politici» mirava anche a chiudere questa strada.

NON C’È SOLO LA LEGGE di stabilità però e per l’anno che verrà la premier ha obiettivi ben definiti. «Dove essere anche l’anno delle grandi riforme», dice: il premierato e poi, ma solo poi, l’autonomia differenziata, la riforma della giustizia, la delega fiscale.

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