Il primo omaggio è simbolico: scegliere Bruxelles come meta della sua prima trasferta in veste di presidente del consiglio è per Giorgia Meloni un riconoscimento implicito della centralità dell’Unione. I tre rappresentanti delle istituzioni Ue che la incontreranno oggi capiscono l’importanza del gesto e anche per questo, non si sa quanto di buon grado, hanno accettato di interrompere la vacanza d’Ognissanti. Con Roberta Metsola, presidente del Parlamento grazie al voto dei conservatori e prima nel carnet alle 16.30, le cose saranno facili. Con il presidente del Consiglio europeo Charles Michel non troppo difficili. L’osso duro sarà Ursula von der Leyen, presidente tedesca della Commissione: l’incontro centrale in tutti i sensi.

LA PREMIER ITALIANA non si presenta forte solo dell’omaggio alla Ue, passo importante per la ex sovranista. Molto più incisivo sarà l’impegno a non deflettere dal sostegno all’Ucraina: con le armi, con i soldi nel fondo comune europeo per Kiev, 1,5 miliardi al mese, con le sanzioni. La grande paura europea, con un governo sospetto di promiscuità con Putin, è quella. Meloni assicurerà che non c’è niente da temere ma farà capire che lo si deve a lei.
L’Italia chiede di rimettere mano, con il permesso Ue, al Pnrr, in conseguenza del rincaro delle materie prime e della crisi energetica. Vorrebbe un’aggiunta di 40 miliardi per colmare lo scarto oppure una revisione dei fondi. La Germania è contraria. La presidente tedesca anche ma in realtà l’intera commissione è scettica. Gentiloni e Dombrovskis non perdono occasione per ribadire che «tempi e modi previsti per l’attuazione del Piano vanno rispettati» e che «non si possono cambiare i piani ogni volta che cambia un governo». La stessa posticipazione dell’entrata in vigore della riforma Cartabia è stata vista con sospetto: i soliti italiani?

LA PARTITA SULLE MISURE contro il caro energia sarà anche più difficile. Il ministro dell’Economia Giorgetti ha potuto toccarlo con mano ieri a Berlino, nell’incontro dei ministri del G7. L’omologo tedesco e ospite Lindner, un rigorista coi fiocchi, ha usato formule fiorite per elogiare il «segnale positivo» lanciato dall’italiano scegliendo Berlino per la sua prima visita all’estero. Ma nella sostanza le strategie sono opposte. Il governo Meloni, come quello Draghi, chiede una risposta comune dell’Ue. Per la Germania il modello Covid non è ripetibile: ciascuno per sé. Dovrebbero essere messi comunque in campo i 40 miliardi avanzati dal fondo di coesione e i 220 del RepowerEu. Non basteranno.

SULLO SFONDO C’È la partita grossa che si aprirà quando, il 9 novembre, la Commissione presenterà la sua proposta di modifica dei trattati. I tetti dovrebbero restare invariati: 60% nel rapporto debito/Pil e 3% in quello deficit/Pil. Però verrebbe eliminato l’obbligo di tagliare ogni anno un ventesimo della quota eccedente il 60% debito/Pil. Ogni Stato dovrebbe negoziare con la Commissione un piano quadriennale di riduzione del debito, che per i Paesi messi peggio, cioè prima di tutti per l’Italia, salirebbe a 7 anni con obiettivo intermedio del 90%. È una tagliola micidiale: Roma dovrà trattare un piano rigido di riduzione con controlli periodici di Bruxelles.

LA PREMIER ITALIANA metterà sul tavolo la sua scelta di non fare nuovo debito, nonostante le pressioni sociali e politiche, non solo nella maggioranza. Su questa base, in una serie di incontri che serviranno ad avere un primo quadro della situazione, venerdì il cdm farà partire il percorso sia della manovra, con la Nadef, che, almeno sul piano della discussione, del prossimo dl Aiuti. I conti del trimestre molto migliori delle aspettative aiutano e c’è il tesoretto lasciato da Draghi. Su un fondo certo di una decina di miliardi, 5 sarebbero investiti subito per prorogare le misure di Draghi, il resto dovrebbe essere investito all’inizio del ’23. Ma sia per la manovra che per gli aiuti è fondamentale verificare quali margini lascia l’Europa e anche per questo la premier ha messo in agenda il viaggio a Bruxelles prima di misurarsi con le spine reali, non i rave ma i conti e la crisi.

SI PARLERÀ ANCHE di immigrazione, oggi. Lo faranno gli europei, perché il rispetto dei diritti da parte del nuovo governo è uno dei crucci di Bruxelles, ma lo farà anche la presidente italiana. Chiedendo che il tema sia messo all’ordine del giorno della prossima riunione del Consiglio, a dicembre.