Tutto da rifare: sofferta e sospirata, la pace tra Francia e Italia sul fronte dei migranti è durata meno di un sussurro. A rompere la tregua, stavolta, sono i francesi, più precisamente il ministro degli Interni Gérald Darmanin, quanto meno con discutibile scelta dei tempi: «L’Italia – dice – conosce una gravissima crisi migratoria e Madame Meloni, capo del governo di estrema destra scelto dagli amici di Marine Le Pen, è incapace di risolvere i problemi migratori per i quali è stata eletta». Un fiume in piena esondazione: «Meloni è come Le Pen: l’estrema destra ha il vizio di mentire».

Parole dure, che arrivano poche ore prima della visita del ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani a Parigi per incontrare l’omologa francese Catherine Colonna. Visita e incontro che vengono inevitabilmente cancellati dopo l’affondo di Darmanin: «Offese al governo e all’Italia inaccettabili. Non andrò a Parigi. Non è questo lo spirito con il quale si dovrebbero accettare sfide europee comuni».

La ministra si attacca al telefono, chiama Tajani, prende le distanze da Darmanin, andato probabilmente più in là di quanto il presidente Emmanuel Macron e il governo intendessero arrivare.

La telefonata però non basta. Tajani decide di cancellare l’impegno. Il comunicato “riparatore” del ministero degli Esteri francese arriva poco dopo l’attacco di Darmanin, ma è goffo e imbarazzato. Ci sono il «rispetto reciproco», lo «spirito di solidarietà», l’immancabile richiamo al Trattato del Quirinale. La ministra Colonna è un po’ meno burocratica nel tweet in cui racconta di aver parlato col Tajani offeso e si augura «di poter accoglierlo presto a Parigi».

A Roma i comunicati fiammeggianti si moltiplicano. Il più ringhioso è Matteo Salvini, al cui confronto persino Darmanin sembra un maestro di diplomazia: «Non accetto lezioni da chi respinge in Italia donne, bambini e uomini mentre ospita assassini e terroristi». Più pacato Francesco Lollobrigida: «L’ultima volta che sono stato a Ventimiglia avevano schierato decine di poliziotti». In effetti sul confine Parigi ne ha inviati freschi freschi altri 150. Critica il ministro anche Calenda: «Non è la prima volta che eccede».

Provano a stemperare Lupi e, sul fronte opposto, Casini. «Tajani ha fatto bene ma a soffiare sul fuoco si fanno male tutti», commenta il primo. «Non servono ritorsioni contro chi non conosce la buona educazione» ammonisce il secondo. Sulle pessime maniere del ministro francese stavolta non ci sono dubbi, il brutto però è che non si tratta affatto solo di scarsa urbanità. L’ennesimo incidente tra i due Paesi ha radici più profonde, che vanno anche oltre l’ostilità del presidente e del governo francesi verso un governo italiano che, per il fatto stesso di esistere, supporta l’eterna nemica Marine LePen. La sostanza ribollente però non è quella: sono i soliti «movimenti secondari» per i quali l’Italia è già stata presa di mira a Bruxelles, gli ingressi nei Paesi europei dei migranti che sbarcano in Italia e poi proseguono. Colpa dell’Italia che non vigila abbastanza. Darmanin lo dice chiaramente: «In Tunisia c’è una situazione grave che porta molti, soprattutto bambini, a risalire l’Italia, che è incapace di gestire questa pressione migratoria».

Se non ci fossero di mezzo centinaia di migliaia di persone che prima rischiano la pelle in mare e poi finiscono sballottate da un confine all’altro, sembrerebbe una serie tv scritta con poca fantasia. Gli incidenti diplomatici tra Italia e Francia si susseguono dal 2018 e la tensione è arrivata al picco con l’incidente della Ocean Viking del novembre scorso, dopo il quale Macron e Meloni si sono tenuti il muso per 4 mesi. Qualche volta i litigi tra i due Paesi sono stati teatro: nel 2018-19 la Francia aderiva con la dovuta discrezione alle stesse politiche di Matteo Salvini che bollava in pubblico con rumorosi anatemi. Stavolta il conflitto è più concreto, dal momento che riguarda l’allocazione dei migranti. È l’Europa degli egoismi nazionali, e sembra che non cambi mai.