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Meloni accoglie i padri nobili della sua destra. Salvini assente

Meloni accoglie i padri nobili della sua destra. Salvini assente

Fratelli d’Italia Alla conferenza programmatica di Milano si vedono Pera, Ricolfi e Nordio

Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 1 maggio 2022

«Ma alla gente cosa gliene frega di quando ci vediamo io e Salvini? Se passasse di qui sarebbe carino»: a metà giornata, nel classico «punto stampa» con i giornalisti, Giorgia sbotta. Le domande martellano sui rapporti interni alla coalizione, su quell’assenza degli alleati che anche sul piano della pura cortesia risalta, stride e non depone favorevolmente.

La colpa non è dei giornalisti attenti solo ai particolari scandalistici. A far diventare l’eventuale passaggio del leader leghista alla convention milanese di FdI un caso ci ha pensato La Russa. Salvini, il giorno prima, aveva annunciato una visitina «dato che stanno nella mia città». Formula poco cordiale alla quale l’ex ministro siculo-lombardo aveva replicato bollando la visita come sgradita: «Non verrà. Sarebbe un controsenso per noi come per lui». Cose che capitano quando più che alleati si è belligeranti. La leader di quello che vorrebbe essere il grande partito conservatore italiano ma non sa come diventarlo prova a sbrigare la faccenda tutta insieme. FdI è «solidamente ancorata al centrodestra». Il problema della leadership, assicura pur sapendo che nessuno potrebbe crederle, non si pone per il momento «Solo i bambini dicono ‘Sono più bravo’. Io voglio parlare dei temi che interessano le persone. Prima vengono i programmi poi la coalizione». Il vertice, ossessione dei cronisti, ci sarà quando le agende dei leader si incroceranno: «Sempre disponibile. Con Berlusconi eravamo d’accordo per martedì scorso, si vede che qualcuno non ha potuto». Per il momento un vertice si è in realtà riunito, quello della destra siciliana, e l’hanno spuntata FdI e Udc, con la candidatura a Palermo del centrista Roberto Lagalla e il ritiro di quello sponsorizzato da Lega e Fi, Francesco Cascio.

Salvini fa sapere che lui è intenzionato a fare il gesto carino, insomma a farsi vedere. Però «non in modo invasivo» e chissà cosa intende. Un salutino alla chetichella? Una comparsata facendo scena muta? Si vedrà oggi. Per il momento prova a rubare la scena a sorella Giorgia lanciando una proposta rumorosa rivolta agli alleati: «Portiamo tutti insieme in Parlamento la proposta di pace fiscale: azzeriamo 100 mln di cartelle esattoriali». È più o meno una boutade, la maggioranza si ritroverebbe in una specie di Mariupol politica, ma serve a incalzare la temuta competitor e a oscurarla per quanto possibile nei titoli.

La realtà, checché ne dica la leader, è che conta la visibilità, moneta preziosa nella sfida per la leadership che è la vera ragione della divisione nel centrodestra. Da questo punto di vista la kermesse milanese è un successo. Il tentativo di rimodellare il Dna del partito, invece, segna il passo. Ieri è stato il giorno delle star, i padri nobili del progetto conservatore, primo l’ex presidente del Senato Marcello Pera, accolto da una standing ovation, il vero ideologo della auspicata svolta: «Il partito conservatore sarebbe una grande novità per l’Italia. Questa convention è importante per tutto il centrodestra, ove volesse cessare le polemiche. Il presidenzialismo è il primo cemento». Poi Carlo Nordio, che da ex magistrato si concentra sulla giustizia, definisce la riforma Cartabia «il minimo sindacale» e smentisce la candidatura a guardasigilli in un governo di destra: «Non sono adatto». Infine Luca Ricolfi: «Meloni e la destra stanno raccogliendo idee tipiche della sinistra».

Sono presenze che registrano l’accresciuta importanza di un partito passato da fanalino di coda a locomotiva della destra. Ma nella sostanza incidono poco. Il corpo di FdI resta quello di prima, quello di sempre. Se vuole scrostare la sua formazione politica dalla ruggine del vecchio Msi Giorgia dovrà di qui alle elezioni lavorare parecchio. Sempre ammesso che sia possibile.

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