Medicina d’urgenza, specialisti in fuga: «L’indennità non basta»
Speranza promette 90 milioni in Finanziaria per far crescere il salario in base alle ore di servizio Manca (Simeu): «In Pronto soccorso sono arrivati i medici delle cooperative, gestiscono solo i codici non gravi e guadagnano più degli strutturati pur non avendo la specializzazione»
Speranza promette 90 milioni in Finanziaria per far crescere il salario in base alle ore di servizio Manca (Simeu): «In Pronto soccorso sono arrivati i medici delle cooperative, gestiscono solo i codici non gravi e guadagnano più degli strutturati pur non avendo la specializzazione»
Il ministro della Salute, Roberto Speranza, ha dato l’annuncio ieri via social: «Ho proposto che dal prossimo anno venga aggiunta un’indennità accessoria alle retribuzioni di medici, infermieri e professionisti sanitari dei Pronto soccorso, che lavorano sovente in condizioni di stress. Servirà a rendere più forte la prima linea del Servizio sanitario nazionale a cui dobbiamo dire grazie». Si tratta di 90 milioni che sarebbero previsti in Finanziaria per incentivare il personale di Ps: 27 milioni per i medici (circa 10 mila), 63 milioni per gli infermieri (circa 25 mila) erogati in proporzione alle ore di servizio effettuate. Un passo avanti ma ancora lontano dal complesso delle rivendicazioni del settore, che infatti confermato il flash mob di protesta convocato per il 17 novembre a Roma e che vedrà la partecipazione anche del personale del 118.
IL PRESIDENTE della Società italiana di medicina di emergenza urgenza, Salvatore Manca, spiega: «La manifestazione riguarda anche le condizioni economiche ma le richieste sono soprattutto legate alla qualità del lavoro, al riconoscimento del nostro ruolo all’interno del Ssn e del sistema ospedaliero. Tutte cose sottovalutate anche durante la crisi pandemica, nonostante dal Pronto soccorso siano passati tutti, pazienti Covid e non Covid: siamo la trincea dove le persone cercano risposte a fronte di un’organizzazione del Sistema sanitario a livello territoriale assolutamente insufficiente in larga parte del territorio».
LE CRITICITÀ SONO MOLTE: «Nella riorganizzazione delle strutture ospedaliere – prosegue Manca – spesso i Pronto soccorso sono trascurati se non dimenticati: sale di attesa insufficienti per pazienti e accompagnatori, sale visita non in grado di dare risposte ottimali. Durante le prime ondate del virus sono stati i medici di Pronto soccorso a inventare percorsi alternativi per dividere i sospetti Covid dai pazienti ordinari, nonostante l’organico totalmente insufficiente: 4 mila medici in meno in Ps, 10 mila infermieri in meno nei servizi di emergenza. Per oltre un anno si è parlato di pneumologi, di infettivologi, mai di noi che pure abbiamo retto l’onda d’urto».
I problemi sono anche nella gestione del reparto: «È il medico di Pronto soccorso che decide della necessità o meno del ricovero – sottolinea Manca -. Ci assumiamo la responsabilità delle spese sostenute dal Servizio sanitario e siamo anche quelli che devono affrontare le proteste per i tempi di attesa dei malati, costretti ad aspettare in barella. Su di noi si scaricano le conseguenze della riduzione dei posti letto per acuti: attualmente sono 3 per mille, assolutamente insufficienti. Dovrebbero essere almeno 4 per mille».
NESSUN RICONOSCIMENTO del ruolo: «Siccome siamo sotto organico – prosegue – in Pronto soccorso sono arrivati i medici delle cooperative, che però gestiscono solo i codici di minore gravità. Così un medico strutturato si trova accanto il medico delle coop: il primo vede i casi più gravi, il secondo i codici bianchi e i codici verdi. Il primo guadagna 2.500 euro netti al mese; il secondo 60 euro all’ora per 12 ore ottenendo 720 euro a turno. Con quattro turni al mese guadagna più dello strutturato che deve seguire i pazienti critici».
I MEDICI DELLE COOP girano per l’Italia: si spostano continuamente da una regione all’altra in base alle necessità, quando arrivano non conoscono la struttura dell’ospedale, né i colleghi con cui lavoreranno e neppure i percorsi. «La classe politica pensa che il medico di Pronto soccorso lo possa fare chiunque, anche chi ha la laurea ma non la specializzazione. Molti medici delle cooperative hanno fatto solo un corso di rianimazione (di base o avanzato) di 30 o 40 ore: vengono messi in Pronto soccorso accanto a chi ha fatto la scuola di specializzazione in medicina di emergenza urgenza che dura 5 anni. Questo è uno dei motivi per cui il 50% delle borse di studio delle scuole di specializzazione del settore non sono state assegnate nell’anno accademico 2021/2022».
Non puoi fare la professione privata e non c’è neppure la possibilità di fare carriera nel pubblico: «Possono diventare primari di Pronto soccorso tutti i medici che abbiano lavorato in una disciplina equipollente, come ad esempio medicina interna, anche se non hanno mai svolto effettivamente servizio con noi in prima linea».
NODO 118: «Non va bene la separazione tra emergenza pre ospedaliera e ospedaliera – conclude Manca -. Il medico di emergenza deve essere unico e agire nell’ospedale come sul territorio attraverso il 118, cosa adesso impossibile per motivi contrattuali, mettendo in campo la stessa preparazione e lo stesso percorso diagnostico terapeutico». Per il personale del 118 non è prevista alcuna indennità.
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