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Medici senza Frontiere: «Ora rifugiati e richiedenti asilo senza cure mediche»

Medici senza Frontiere: «Ora rifugiati e richiedenti asilo senza cure mediche»

Dall'appello alla denuncia L'ong esprime un fortissimo allarme per l'esclusione dal Servizio sanitario nazionale delle persone che finora godevano del permesso di soggiorno per motivi umanitari, ora soppresso dal decreto-sicurezza

Pubblicato quasi 6 anni faEdizione del 8 novembre 2018

Il decreto «regalato» da Salvini produrrà, e già produce, un magma infernale di regole arbitrarie e oscure, tendenzialmente inapplicabili, e di nuova irregolarità, ricacciando in un limbo centinaia di migliaia di rifugiati e richiedenti asilo. Un limbo di invisibilità, di marginalità sociale, una zona grigia da sans-papiers, dove non viene garantito neanche l’accesso ai servizi socio-assistenziali a persone spesso minate nella mente e nel fisico dalle vicissitudini del viaggio.

È questa la denuncia su cui torna Medici senza Frontiere, ong che – prima di partecipare alla missione di soccorso sulla nave Aquarius – da oltre un decennio fornisce il primo soccorso agli sbarchi, gestisce due centri a Tripoli in Libia e un ambulatorio a Roma per i sopravvissuti ad abusi e torture. Msf insiste nell’esprimere «fortissima preoccupazione» perché – ricorda – si tratta di persone estremamente vulnerabili, che ora verranno gettate in mega strutture – i Cas – sovraffollate e spesso mal tenute, dove è facile che se si è manifestato un disagio mentale, non venga curato e si aggravi.

L’abrogazione, non solo dei progetti di accoglienza Sprar, ma dello stesso permesso di soggiorno per motivi umanitari contenuta nel decreto-sicurezza allarma moltissimo Msf. Quello era un titolo che dava diritto alla permanenza in Italia per due anni e, al pari della richiesta d’asilo, consentiva il normale accesso all’anagrafe, anche senza residenza, quindi alla registrazione nel servizio sanitario nazionale. Oltre 140 mila rifugiati si trovavano in questa condizione. E con loro, quelli che avevano presentato domanda prima dell’entrata in vigore del famigerato decreto che ora il governo, a colpi di fiduce, intende trasformare in legge. Già con la circolare del Viminale di luglio, che prescriveva di limitare la concessione dei permessi umanitari, le questure hanno stretto i criteri di ammissione e il tasso di riconoscimento della protezione è scivolato dal 26-28 % degli ultimi anni al 17%.

Ora con il dl le tipologie di permesso, sempre della durata massima di un anno, diventano tre – per «calamità naturale», in quanto «vittime di violenza o di grave sfruttamento lavorativo» e infine «per cure mediche». Ma in quest’ultimo caso ci deve essere una attestazione di «gravità», che non si sa quale autorità medica debba emettere e in base a quali criteri. Il testo del decreto – che Msf voleva emendare e ancora spera venga corretto nella conversione in legge – non dice niente in merito al Ssn mentre viene esplicitamente limitato l’accesso alle prestazioni sociali, come le abitazioni di edilizia economica e popolare.
Per i rifugiati e i richiedenti asilo non restano che le prestazioni residuali del circuito Stp (ambulatori per «stranieri temporaneamente residenti») e le cure mediche considerate «urgenti ed essenziali», di fatto quelle di pronto soccorso ospedaliero. Inoltre sempre Msf fa notare la gravità, anche per gli italiani, dell’inserimento dei luoghi di cura nelle procedure di «daspo urbano», prima esplicitamente esclusi.

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