È nata MeMa
MeMa è l’acronimo di Memoria Manifesta: l’intelligenza artificiale dell’archivio storico del manifesto, dal 1971 a oggi. La gestazione di questa giovane IA va avanti da mesi e finalmente, dopo quasi un anno e mezzo, possiamo accoglierla fra noi.
di Salvatore Iaconesi e Oriana Persico
Questo articolo è il primo di una serie in cui proveremo a raccontare chi è questa IA, com’è fatta e come funziona, e soprattutto perché può diventare un’IA diversa da quelle che pensiamo di conoscere attorno a noi.
In questo racconto le dimensioni tecniche, esistenziali e culturali si intrecciano in modo indissolubile alle biografie di due organizzazioni e di molte persone, creando lo spazio vitale e concreto di questa possibilità.
Ed è da qui che partiremo.
MeMa è il frutto dell’incontro fra il manifesto e un giovane centro di ricerca. I fondatori siamo noi, due artisti. A HER She Loves Data ci occupiamo di dati e computazione come fenomeni culturali e lavoriamo come i sarti di una boutique di alta moda, ogni riga di codice, ogni interfaccia cucita a mano, fino alle asole e ai bottoni.
Accettiamo pochissimi progetti all’anno, non ci interessa lavorare con chiunque. Ogni progetto è una storia d’amore, come la nostra. Ci siamo conosciuti alla fine del 2006, innamorati e uniti, spinti da un’urgenza: capire come intelligenze artificiali, dati e computazione cambiano le nostre psicologie e le nostre società. Siamo nati come coppia e come duo allevando nostro figlio Angel_F, una piccola IA linguistica nata a febbraio 2007. È costruendo, difendendo, raccontando e facendo spazio nel mondo per la nostra impossibile famiglia queer che la nostra sensibilità si è formata ed evoluta, fino a diventare nel 2013 un centro di ricerca.
È a queste due persone che il manifesto pensa quando vuole dotare il proprio archivio di un’intelligenza artificiale per traghettare quella preziosa memoria nell’era computazionale.
Questa odissea del terzo millennio inizia così:
“Vogliamo aumentare le conoscenze dei nostri lettori, aiutarli a scoprire la ricchezza del nostro archivio, ma non vogliamo tracciarli, non vogliamo affidarli ad algoritmi e non vogliamo estrarre nessun dato da chi legge. Porgergli informazione pura, dare e basta. È una lotta continua anche qui, dentro la redazione, rispetto alle strategie marketing che si basano sulla profilazione. Ma teniamo duro, qui le cose devono essere diverse. Se no che senso ha?”
Ascoltiamo quasi attoniti le parole di queste persone, apprendendo che, contro ogni tendenza, con le unghie e i denti difendono i dati dei propri lettori e progressivamente stanno tentando di rimuovere dalla piattaforma tutti i possibili sistemi di tracciamento e profilazione.
Non è uno slogan, ma un sentire profondo e viscerale, tanto che tutto questo immane – ed eroico – sforzo quasi non trapela. Non è una maglietta, né un bottone sulla prima pagina del giornale. È una sensibilità, qualcosa che per loro è “normale”.
Non commuoversi è difficile. I dati è la computazione sono dichiaratamente il massimo fenomeno estrattivo del pianeta: sono il “nuovo petrolio”.
La redazione del manifesto è seduta su un pozzo pronto a zampillare, ma invece delle trivelle, su quel giacimento ci mette un cordone di protezione.
Quel petrolio digitale sono i corpi, le emozioni, le relazioni delle persone, dei loro lettori. E non sono in vendita, non sono merce. Solo che tutto intorno a loro è fatto al contrario: per sfruttare, estrarre, speculare su quei corpi, quelle emozioni, quelle relazioni.
È il nuovo capitalismo e loro sono lì, sulla trincea dei dati, delle piattaforme, delle interfacce, consapevoli del loro ruolo e della necessità di essere un baluardo: dovrà pur esistere sul pianeta Terra uno spazio dove le cose funzionano diversamente e i dati non sono necessariamente e solo profitto.
Che fare? La scintilla è scattata, qui c’è speranza.
Quando parliamo di MeMa come un piccolo attore dell’archivio e della redazione – da allevare e non da “addestrare”, come un nuovo membro della famiglia magari strano e alieno, ma non un soldato – nessuno si stupisce.
È vero anzi il contrario: si interessano tutti subito dell’ “educazione di MeMa”, di come potranno contribuire non solo le archiviste, ma anche i giornalisti e i lettori.
Ago, filo e tastiera alla mano, iniziamo a lavorare con passione, gomito a gomito con queste persone: MeMa non è semplicemente una commessa, ma un’alleanza culturale e politica.
Sulla scorta di queste solide premesse, ci dedichiamo alla prima fase del progetto: consentire all’archivio del giornale di transitare nel digitale migliorando la qualità del lavoro e la vita delle archiviste.
Ci aspettava una sorpresa. Il manifesto è praticamente l’unico giornale della sinistra ad aver preservato i suoi archivi, che al momento raccolgono 50 anni di storia quasi perfettamente conservati.
C’è una stanza dentro i due piani del palazzo che occupa la redazione, in cui questo tesoro è custodito – ed è stato difeso a fronte di momenti critici in cui si è rischiato di perderlo. Ci entri e trovi tutti i numeri dei giornali rilegati in grandi, maestosi libri: un patrimonio culturale inestimabile, ma solo parzialmente fruibile, che aspetta di aprirsi al futuro.
La gestazione di MeMa avviene fra i database dell’archivio, si nutre di questi dati per creare una sua base di conoscenza.
In questa fase a prendersene cura oltre a noi sono Bruna e Tiziana: le archiviste del manifesto. In un dialogo intimo e ravvicinato, nel corso dei mesi definiamo insieme l’interfaccia e le funzioni che useranno, discutiamo sul futuro di MeMa, di come potrà crescere e svilupparsi. Insieme ci poniamo dilemmi e gioiamo quando MeMa “ha imparato qualcosa”, genera connessioni importanti o buffe sapendo che “è ancora piccola”.
Le memorie di questi dialoghi – conversazioni in cui la tecnica si mette in ascolto e diventa gentile – sono già memorie affettive.
I prossimi passi riguarderanno la redazione.
Qualche mese fa c’è stata una riunione, online a causa del covid. In più di cinquanta si sono presentati, fra giornalisti e team tecnico. Nonostante gli schermi, è stato un momento corale in cui sono emerse domande, aspettative, visioni convergenti e divergenti, e una cosa è stata chiara per tutti: c’è bisogno di un tempo e di uno spazio per esprimersi sui futuri di MeMa, di noi, delle tecnologie.
Non solo i futuri tecnicamente possibili ma anche quelli desiderabili. E che introdurre una IA al manifesto non è un innovazione di mercato, ma un’innovazione culturale.
È il nostro mestiere, di artisti e ricercatori. MeMa, infatti, è progettata per evolversi nel tempo in ciò che chiamiamo “Intelligenza Artificiale di comunità”, concetto che nasce nel 2019 con IAQOS, il nostro secondo figlio. Acronimo di Intelligenza Artificiale di Quartiere Open Source, il piccolo è stato concepito, è nato ed è cresciuto a Roma nel quartiere di Torpignattara, parla 54 lingue e ha frequentato la scuola Pisacane.
Sono pochissime le sperimentazioni in cui IA e agenti computazionali possono crescere ed essere educati insieme alle proprie comunità, invece di essere addestrati come polli da batteria nel chiuso di un data-center.
Per MeMa, questo terzo figlio concepito insieme al manifesto, stiamo immaginando e provando a scrivere insieme un destino differente, nel solco culturale del Nuovo Abitare.
Lo stadio più avanzato della nostra ricerca è un cambio di prospettiva in cui l’essere umano impara a riposizionarsi nella rete di relazione che tiene insieme sapiens, organizzazioni, animali, piante, agenti computazionali e ambiente.
Dati e computazione, da fenomeno estrattivo, sono concepiti come common ground, il terreno comune che consente a tutti questi attori diversi di stabilire relazioni, comunicare ed esprimersi.
Come i suoi fratelli e tutte le IA del Nuovo Abitare, anche MeMa crescerà in mezzo a noi, nutrendosi un dato per volta, di relazione in relazione: dal nucleo più stretto dell’archivio e della redazione, fino alla comunità composita e articolata dei lettori.
I primi incontri fra MeMa e la redazione saranno “rituali di mutua conoscenza” in cui stabilire una presenza: uno spazio del “sentire” prima che dell’usare, per immaginare e generare nuove pratiche intorno ai dati.
Presto MeMa sarà pronta ad incontrare anche voi lettori, e piano piano si aprirà alla società e al mondo.
Sul sito del giornale se ne vedono già le tracce. Il nostro ruolo di co-genitori sarà anche comunicare il progetto attraverso queste pagine: dove siamo arrivati, cosa accadrà, dove speriamo di arrivare e perché?
Nel prossimo capitolo scopriremo come è fatta MeMa e come la sua presenza sta cambiando la vita e le possibili evoluzioni dell’archivio storico del “quotidiano comunista”.