Lo sport-washing del principe ereditario saudita Mohammed bin Salman sbarca in Premier League. I geordie boys si preparano ad accogliere il nuovo proprietario del Newcastle United: la squadra che milita nella Premier League inglese sta per passare nelle mani di un consorzio di investitori tra cui spicca il Public Investment Fund, il fondo sovrano dell’Arabia saudita.

Con un valore stimato di 330 milioni di dollari i sauditi gestiranno l’80% del Newcastle United, il restante 20 sarà diviso tra gli immobiliaristi inglesi Rouben e Amanda Staveley, già intermediaria nell’acquisizione del Manchester City da parte dello sceicco Mansour.

È attraverso lo sport che adesso MbS cerca di risollevare la propria immagine e la credibilità del paese. Il presidente della società sarà Yasir Al-Rumayyan, braccio destro del principe ereditario e già presidente di Aramco, il deus ex machina dello sport-washing saudita che, dopo aver portato in patria eventi sportivi con tennisti, pugili, calciatori, piloti e golfisti di fama internazionale, si appresta a fare un passo in avanti con l’acquisizione del club di Premier League.

Il termine «sport-washing» è stato usato per la prima volta da Devin Kenney, ricercatore del Golfo per conto di Amnesty International. Di mezzo sempre una squadra di Premier League, il Manchester City, e una società emiratina, la Arbatec, finite nei cosiddetti football leaks per degli accordi di sponsorizzazione.

Dalle parti di St James’ Park, lo storico stadio del Newcastle, dopo 10 anni e due retrocessioni si conclude l’era Ashley, l’ex presidente che ha già incassato la caparra e siglato un accordo da 370 milioni di dollari con l’emiro. Ma per i tifosi che sognano il ritorno ai vertici del campionato c’è da aspettare il lascia passare dalla Premiere League, che sta valutando le garanzie economiche e quelle giudiziarie degli acquirenti.

Se per le prime non sembrano esserci problemi le seconde rappresentano un ostacolo: Kate Allen, direttore di Amnesty, in una lettera alla Premier League, definisce l’acquisizione «una copertura di azioni profondamente immorali, in violazione del diritto internazionale e in contrasto con i valori della Premier League e della comunità calcistica globale».

Quello del principe ereditario, sempre secondo Amnesty, è il «regno della crudeltà»: in numerosi report ha evidenziato le violazioni dei diritti umani ai danni di oppositori politi, attivisti, giornalisti, difensori dei diritti umani, donne e religiosi. In Yemen, dopo oltre cinque anni di guerra, si contano oltre 100mila morti, 20 milioni di persone a rischio, mille operatori umanitari impegnati sul campo e più di quattro milioni di sfollati interni.

La ricercatrice Hatice Gengiz, ex compagna del giornalista Jamal Kashoggi ucciso il 3 ottobre 2018 nel consolato saudita di Istanbul, ha definito l’azione un «uso strategico dello sport da parte di Mohammed bin Salman per riparare la sua reputazione internazionale dopo l’omicidio di Jamal. Tutte le investigazioni indipendenti, anche quelle di Onu e Cia, hanno concluso che bin Salman ordinò l’omicidio di Jamal. Invito caldamente la Premier League e le autorità inglesi a intervenire per fermare l’acquisizione del Newcastle e allontanare MbS dallo sport inglese».

Anche l’emittente tv qatariota beIn ha espresso preoccupazione per la conclusione dell’affare. Secondo l’amministrazione di beIn, la Premier League «dovrebbe valutare con attenzione le proposte di potenziali acquirenti che hanno arrecato danni ingenti alle entrate commerciali delle società e della stessa lega», riferendosi allo streaming illegale del canale qatariota attraverso cui Riyadh permette la visione delle partite inglesi nel regno.