Lavoro

Mbarek e le sue battaglie nel profondo Nord

Mbarek e le sue battaglie nel profondo Nord

Fabbrica integrata Mbarek ha un marcato accento veneto, fa il sindacalista da più di dieci anni per l’Adl Cobas nella provincia di Padova ma è nato ad Agadir, città portuale nel sud […]

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 12 giugno 2019

Mbarek ha un marcato accento veneto, fa il sindacalista da più di dieci anni per l’Adl Cobas nella provincia di Padova ma è nato ad Agadir, città portuale nel sud del Marocco, affacciata sull’atlantico. Nel 2001 lascia il suo paese e abbandona gli studi universitari per raggiungere il fratello che già vive a Padova. «Nella mia regione non c’era speranza, la disoccupazione era ormai dilagante, sono stato costretto ad andarmene», ricorda.

Quando decide di partire ha appena 26 anni: «Studiavo alla facoltà di matematica e fisica ed ero un simpatizzante del partito rivoluzionario basista, pensavo di essere un piccolo genio dei numeri, poi ho lasciato tutto per venire qui». Per qualche anno passa da un lavoro all’altro, finché nel 2004 non entra in una cooperativa che gli procura un lavoro nel magazzino della Michelin di Tribano, in provincia di Padova. La busta paga è scarsa, appena 700 euro per oltre 190 ore di lavoro ma Mbarek non è abituato a piegare la testa e decide di avvicinarsi al sindacato Adl Cobas per difendere i suoi diritti.

«Se sono nel giusto non ho paura di fare la voce grossa -confessa- alla Michelin facevo il facchino ma in realtà ero dipendente di una cooperativa che aveva in appalto la movimentazione delle merci e i lavoratori del deposito. Eravamo considerati lavoratori di serie B anche rispetto ai dipendenti diretti dell’azienda». Nel 2005 i suoi colleghi per metà italiani e per metà stranieri, lo scelgono come rappresentante sindacale. Inizialmente si rivolgono a lui soprattutto gli stranieri, Mbarek parla bene l’italiano e in lui i colleghi vedono la possibilità di avere una voce.

Con il tempo però diventa una figura di riferimento per tutti, tanto che in pochi anni insieme e con tenacia riescono a vincere numerose battaglie: il pagamento della malattia al 100% fin dai primi tre giorni, un aumento della busta paga che da 700 euro arriva quasi al doppio, i buoni pasto, un premio di produzione pari a quello degli operai dipendenti dalla Michelin e un’indennità di disagio nel caso di cambio d’appalto della cooperativa. «Io ho sempre combattuto per tutti, per questo i 45 lavoratori del magazzino mi hanno dato fiducia».

Ma le conquiste, denuncia Mbarek, sono state forse troppe. Nel 2017 la Michelin decide di chiudere il magazzino di Tribano e i suoi dipendenti rimangono senza lavoro. A nulla valgono le proteste e gli scioperi a oltranza. Ufficialmente si trattava di un piano di riorganizzazione aziendale ma il sindacalista sospetta che l’azienda abbia preferito chiudere il magazzino per sbarazzarsi di un gruppo di lavoratori scomodi. «L’azienda ha riaperto dei nuovi magazzini più piccoli in alcune località vicine, tuttavia i lavoratori licenziati non sono stati riassunti».

Da allora Mbarek fa il rappresentante sindacale provinciale a tempo pieno e difende numerose aziende della bassa padovana. L’ultimo decreto sicurezza Salvini ha messo però a dura prova la sua attività quotidiana di sindacalista e ha iniziato a creare divisioni tra i lavoratori: «Faccio un esempio: il blocco stradale, una forma di protesta che abbiamo adottato spesso, oggi prevede fino a sei anni di carcere. A uno straniero anche una sola denuncia può costare il permesso di soggiorno. In queste condizioni diventa più difficile creare solidarietà». Lui stesso ha ricevuto molte segnalazioni e sa che ottenere la cittadinanza ormai sarà molto difficile.

«Il razzismo è strategia capitalistica per dividere i lavoratori e indebolirli nelle loro lotte. Il capitalista non è mosso da principi morali, è mosso da interessi. Questa strategia è funzionale ad approfittare della nostra debolezza per tenere basso il costo del lavoro», sostiene. Per adesso i lavoratori rappresentati da lui sono sempre rimasti uniti, nota con un certo orgoglio, ma si dice lo stesso molto preoccupato per quello che potrà accadere in futuro: «È chiaro che con queste nuove norme, la paura di possibili ritorsioni è aumentata, i casi di altri stabilimenti chiusi per mandare via un sindacato scomodo non sono isolati, potrei citarne molti».

La paura spinge ogni individuo a guardare agli altri soltanto come ad una potenziale minaccia per sé stessi; per questo oggi più che mai, secondo Mbarek, il ruolo dei sindacati è eliminare qualsiasi divisione tra i lavoratori: «Non ci dovrebbero essere nello stesso edificio sindacati diversi che non si parlano tra loro. Facchini, magazzinieri e operai sono tutti lavoratori che devono battersi per gli stessi fini».

Le lotte portate avanti nel magazzino di Tribano rappresentavano un’avanguardia in tutta la zona: «Abbiamo ottenuto diritti che non c’erano da nessun’altra parte. Quando sono arrivato qui nel 2004 non avevamo tutele, passavamo da una cooperativa all’altra continuamente. Siamo riusciti a trasformare questa condizione soltanto insieme, lavoratori italiani e stranieri uniti nelle stesse battaglie».

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