Maya Deren e quella vertigine oltre il sé
Cinema La graphic novel di Stefano Alghisi e Marco Madoglio (ed. MalEdizioni) narra la vita della regista sperimentale newyorkese. Dalla passione politica alla scoperta del vudù haitiano, l’arte tutt’uno con la vita
Cinema La graphic novel di Stefano Alghisi e Marco Madoglio (ed. MalEdizioni) narra la vita della regista sperimentale newyorkese. Dalla passione politica alla scoperta del vudù haitiano, l’arte tutt’uno con la vita
L’attrazione per una dimensione ulteriore, oscura, i cui confini si mescolano continuamente con quelli della vita ordinaria, era già presente nel primo e meraviglioso corto di Maya Deren, Meshes of the Afternoon (1943). Il passaggio ulteriore compiuto dalla regista sperimentale – nata in Ucraina nel ’17 in una famiglia ebrea e vissuta a New York – ovvero la scoperta appassionata del vudù haitiano, è al centro della graphic novel Maya Deren. La vertigine dell’esistenza di Stefano Alghisi e Marco Madoglio, pubblicata di recente per MalEdizioni.
ATTRAVERSO le tavole, rigorosamente in bianco e nero, ci si addentra nella vita e nella personalità irrequieta dell’artista. Subito è chiaro che i due autori hanno accolto e fatto propria la parabola di questa giovane donna, restituendo le ragioni delle sue insoddisfazioni, la spinta profonda verso la ricerca, che poi era tutt’uno con il suo amore per l’arte e la creazione.
Il fumetto si apre infatti con una Maya Deren diversa rispetto a quella che diverrà nota, è una militante politica che sfila nei cortei per le strade di New York. La passione inizia a incrinarsi dopo un discorso tenuto da Deren al congresso del Partito socialista nel 1937: quella russa non è la rivoluzione da perseguire per i suoi caratteri autoritari, presagiva. Un intervento, come ci si può aspettare, non accolto con favore dalla platea.
Le tavole di Stefano Alghisi e Marco Madoglio ci presentano quindi una donna in cambiamento, modernissima nel suo bisogno di indipendenza, nell’affermazione decisa del proprio sentire. Lasciato il marito, stringe la relazione con Sasha Hammid e inizia presto a frequentare il gruppo di artisti che ruota intorno a Galka Scheyer, tra cui Marcel Duchamp, con cui stringe un sodalizio. Ma a Deren non basta far parte di circoli intellettuali, la graphic novel ci mostra anzi come le loro interpretazioni dei primi esperimenti con la telecamera di Deren non vengano da lei apprezzati: quella simbolista è una lettura decisamente troppo stretta, la ricerca dell’artista passa per la carnalità, per il movimento, per un bisogno sfrenato.
La nettezza del bianco e nero, delle tavole de La vertigine dell’esistenza come della pellicola dei film, rimanda alla dualità che Deren scopre quando arriva ad Haiti nel 1946. Ancora una volta, era stata la sua curiosità di artista totale a portarla lì: filmare le danze che accompagnano i riti vudù, quello lo scopo originario. Ma presto Deren comprende che la danza non è separabile dalla ritualità, che quest’ultima non esiste senza religione, che a sua volta è intrecciata al passato africano degli ex schiavi portati sull’isola e alla loro lotta per l’indipendenza.
Alghisi e Madoglio condensano e selezionano alcuni episodi chiave di questo affascinante viaggio di scoperta, che ha lasciato la sua traccia più durevole nel libro etnografico scritto dalla regista, I cavalieri divini del vudù (pubblicato originariamente nel 1953, disponibile in italiano per Il saggiatore), oltre che nel documentario postumo Divine Horsemen: The Living Gods of Haiti.
GLI AUTORI del fumetto ci mostrano bene come vita e ricerca fossero un tutt’uno inseparabile per Deren. Ma questa unità, col sapere appreso sull’isola – grazie al suo non porsi mai come studiosa o antropologa sul campo, ma come un’artista che mette in gioco la sensibilità – accoglie al suo interno una divisione, quella tra regno dei vivi e regno dei morti, o meglio degli spiriti loa, le divinità a cui gli haitiani rendono omaggio con i loro frequenti riti. Fino a quando Deren fa esperienza di quella «oscurità bianca», la possessione che sfida la creatività degli autori nel travalicare il tempo e lo spazio.
La vertigine dell’esistenza è un lavoro di cui va in primis sottolineata la scelta coraggiosa del soggetto, trattandosi di un fumetto in italiano. E poi, oltre la bellezza delle tavole, ha il pregio di renderci Deren vicina, quasi un’icona per i nostri tempi. Alla sua lotta andava stretto ogni habitus ideologico, aprendosi con spirito anticonformista alla ricchezza di possibilità che la realtà le offriva. Una realtà che non ha mai solo un lato ma che comprende, sempre, anche la sua ombra.
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