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Maxitruffa sulla falsa filiera corta delle rinnovabili

Maxitruffa sulla falsa filiera corta delle rinnovabiliGuardia di Finanza in azione

Altro che Ambiente Indagine della procura di Pavia: undici misure cautelati in tutto il centro-nord, anche l'ex ad di Saipem

Pubblicato quasi 4 anni faEdizione del 28 gennaio 2021

Una maxi truffa per accaparrarsi eco incentivi nello smaltimento di rifiuti. La procura di Pavia ha concluso un’indagine che ha portato a undici persone colpite da misure cautelari per reati di associazione a delinquere, truffa aggravata ai danni dello Stato, false fatturazioni e a sequestri di beni per 143 milioni di euro in oltre cinquanta perquisizioni in diverse Regioni del Centro-Nord: Trentino -Alto Adige, Lombardia, Piemonte, Liguria, Emilia Romagna, Sardegna, Lazio.
C’è anche Pietro Franco Tali, ex amministratore delegato di Saipem, tra le persone finite ai domiciliari. Il manager aveva quote della Biolevano, nel Pavese, che si occupava di lavorare gli scarti legnosi ma le aveva cedute a una società risultata a lui riconducibile. Il meccanismo era basato su falsa documentazione che attestava come gli scarti provenissero da una «filiera breve» (entro 70 chilometri dall’impianto), ciò che consentiva il massimo dell’incentivo. In realtà, il materiale proveniva da altre regioni.
Per nascondere le sue quote in Biolevano, Tali aveva costituito un trust gestito da moglie e figlie. Nella società all’interno del trust, la Noemir srl, era confluito il 60% della Biomasse Olevano detenuto da Tecnimont con un pagamento immediato di 7 milioni e 200 mila euro e un secondo differito di 13 milioni e mezzo entro il giugno del 2028.
La bolla che attestava che il carico era da «filiera corta» (nel raggio di 70 chilometri) e che consentiva di avere il massimo del corrispettivo da parte del Gestore servizi energetici (Gse) per la produzione di fonti rinnovabili, stando alle intercettazioni, i conducenti dei camion la trovavano «nel gabbiotto solito». Era la bolla per documentare che il legname che arrivava alla Biomasse Olevano, azienda in provincia di Pavia, veniva appunto da meno di 70 chilometri. Peccato, però, che il legno e i suoi scarti arrivassero da tutt’altre parti, anche dalla Svizzera.
Ieri, quando i militari della Guardia di finanza e i carabinieri sono giunti a sequestrare l’impianto di lavorazione, uno degli autisti ha cercato di distruggere la bolla di accompagnamento: quella vera che sarebbe stata sostituita con quella del «gabbiotto».
Per il procuratore di Pavia Mario Venditti e il pm Paolo Mazza, che indagavano dal 2015, quella portata a termine dalla Biolevano è «una truffa ai danni dei cittadini» in quanto sulle bollette è prevista una specifica voce riguardante le rinnovabili. E sembra che la truffa nasca da lontano, da quando per aderire al protocollo di Kyoto del 2011 erano stati introdotti incentivi per l’uso di energia da fonti rinnovabili, tra cui le biomasse. Il sospetto è che la sin troppo previdente Biolevano fosse nata proprio per accaparrarsi questi incentivi: per ogni milione di euro di energia venduta, l’azienda riceveva da Gse oltre 3 milioni, con l’impegno, però, che si impegnasse a utilizzare solo legname tracciato, certificato e proveniente dalla «filiera corta».

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