Visioni

Maverick Persona, flusso di coscienza in musica per interrogare il presente

Maverick Persona, flusso di coscienza in musica per interrogare il presenteMaverick Persona – foto di Enrica Luceri

Musica Intervista al duo brindisino, composto da Amerigo Verardi e Deje, in occasione dell'uscita del disco "In the Name Of". "A qualcuno fa comodo la perdita di senso di una visione politica alta, ma ci rifiutiamo di abbandonarci all'inerzia. E lo stesso succede anche al protagonista dell’album"

Pubblicato circa 2 ore faEdizione del 2 novembre 2024

Un disco imprevedibile e dal carattere inquieto, il progetto Maverick Persona, nome d’arte del duo brindisino Amerigo Verardi e Deje (Matteo D’Astore), che manda in stampa In The Name Of (Nos Records e MarraCult). Undici pezzi con un tessuto musicale estremamente variegato e in cui a prendere respiro è un forte senso di libertà d’esecuzione, dove affiorano elegantemente i più svariati generi, come ambient, rock, jazz, pop, psichedelia, eppure mantenendo una propria compatta unità stilistica. Suggestioni e contaminazioni che attraversano stati d’animo politici, in cui la critica della società trova una colonna sonora nella testa del protagonista che, con il suo flusso di coscienza, ci guida per tutto quello che possiamo definire un concept album.

I due autori si sono resi disponibili per una chiacchierata, rivelando innanzitutto come musica e testo si sono incontrati. Come afferma Amerigo Verardi: «Nel nostro caso è la musica a “scegliersi” le parole; che a loro volta, poi, ci rivelano una storia. E allo stesso modo, potrei dire che la musica “sceglie” anche noi. È un fattore di magnetismo associato all’amore: se nella vita hai ascoltato e amato di tutto, alla fine è possibile che buona parte del tutto possa ascoltarti e venirti incontro a braccia aperte».

VERARDI è cantautore e produttore, ha fondato gli Allison Rure e i Lula, mentre Deje, anch’esso produttore, è un giovane talento della musica elettronica. Storie musicali diverse che sono riuscite a trovare una proficua alchimia, secondo le parole di Deje: «Penso sia proprio questo, il bello! Ci siamo contaminati a vicenda proprio grazie a una differenza di background, condita ovviamente da una sintonia personale fuori dal comune». È un album particolarmente in controtendenza, dai tratti sperimentali (basti pensare a brani come Sirashka o Try To Get The Sun) tanto da non sembrare italiano. Ha – se così si può dire – una connotazione internazionale e forse non a caso i testi sono in inglese. «Quando scrivo in inglese sono meno pignolo, sia nella fase compositiva che nelle revisioni. Per questo progetto avevamo bisogno di immediatezza, anche per non limitare una formidabile urgenza» spiega Verardi. Il primo album, What Tomorrow?, è uscito a marzo di quest’anno, dopo pochi mesi il secondo. Di solito dalla parte di chi scrive o ascolta non è un buon segnale, specialmente in un’epoca di sovrapproduzione, in cui anche i prodotti meritevoli come questo Lp rischiano di smarrirsi nel marasma delle nuove uscite. «Può sembrare un azzardo, ma in ogni caso non è stato un fatto programmato, anzi. In realtà riflette perfettamente e in modo spontaneo l’essenza del nostro flusso creativo. Perché non abbracciare un’urgenza espressiva così produttiva?» afferma Deje. Principale autore dell’effettistica, quando gli domandiamo quale pezzo più lo ha soddisfatto, e quale sia stato il più difficile da comporre, non ha dubbi: «Ogni pezzo mi dà sensazioni diverse, riconducibili a momenti diversi. Ma Somewhere We Have Landed mi impressiona sempre, è come se stessi nel mezzo di un ghiacciaio ai confini del mondo. E non ricordo un brano che ci abbia dato particolari problemi».

NEL DISCO c’è un continuo domandarsi sul presente, una riflessione costante, il senso politico sembra proprio la perdita di senso della gestione della società, a tratti si percepisce un senso di disillusione o di straniamento, come nel pezzo Dreaming Laurel Canyon. Spiega Amerigo Verardi: «A qualcuno fa certamente comodo la perdita di senso di una visione politica “alta”, soprattutto se la intendiamo come portatrice di ideali nobili di sviluppo umano, sociale, culturale. Perché questo crollo permette anche a dei perfetti idioti e a dei pericolosi spostati di essere eletti ed esercitare un potere. Malgrado credo sia quello a cui stiamo assistendo, mi rifiuto di abbandonarmi all’inerzia, tutt’altro. E lo stesso succede anche al ragazzo che è il protagonista del nostro album e che a un certo punto ha una reazione rabbiosa. La forza creativa, la ribellione e la protesta civile sono l’attivismo di cui abbiamo bisogno».

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