Cultura

Maurizio Antonioli, storico e anarchico

Maurizio Antonioli, storico e anarchicoLo storico e docente Maurizio Antognoli

Addii La scomparsa dello studioso che ha dedicato ricerche e libri fondamentali sia all’unionismo sindacale strutturato in Federazioni e Confederazioni, che al pulviscolo delle vicende individuali di militanti anarchici, tanto dei dirigenti e teorici più importanti, quanto di moltissimi singoli militanti semisconosciuti

Pubblicato circa un anno faEdizione del 4 ottobre 2023

Maurizio Antonioli, lo storico scomparso venerdì notte, usava ironicamente l’espressione «comunità scientifica» che considerava, a ragione, intrisa di sussiego e boria accademici. Se però pensiamo la «comunità scientifica» come l’insieme degli studiosi-specialisti che hanno contezza del sapere specifico di un oggetto specifico, Maurizio ne ha fatto parte al livello più alto.
Antonioli è stato storico e anarchico, non storico-anarchico. In questo senso erede della tradizione dei grandi maestri dell’innovazione storiografica in Italia a partire dal secondo dopoguerra. La tradizione dei maestri, i Franco Della Peruta, i Renato Zangheri, ecc., maestri di gran parte di coloro che, come Maurizio, hanno iniziato il lavoro di studiosi professionali agli inizi degli anni Settanta. Storici e comunisti, non storici-comunisti.
Essere anarchico per Antonioli, essere comunisti per Della Peruta, Zangheri… era, certamente, tutt’altro che irrilevante per le domande di senso ch’essi ponevano al loro impegno civile ed al legame che ne derivava con il loro impegno professionale. Il «mestiere di storico» a cui si erano votati, però, restava il centro intorno a cui ruotava tutto il complesso delle loro scelte di vita.
«Mestiere», appunto, nella nobile e complessa accezione che Marc Bloch ha dato al termine, è stata una parola che incessantemente ritorna nella lunga riflessione della esperienza di studio e di scrittura di Maurizio Antonioli. Un mestiere fatto non solo delle rigorose regole di buona scuola relative all’acribia filologica nella lettura e nella critica delle fonti, ma anche, in stretta connessione, alla propedeutica continua dei concetti, degli strumenti analitici utilizzati. Tematiche sulle quali Maurizio s’è interrogato fino a pochissimi giorni fa, quando ormai una fortissima stanchezza preannunciava gli esiti che di lì a qualche ora si sarebbero verificati. Ecco il concreto basamento su cui poggia la sua ampia produzione storiografica.

Il lungo viaggio di Antonioli nell’universo anarchico e sindacale si nutre, quindi, di una strumentazione concettuale assai ricca e solidamente fondata e nello stesso tempo di una insopprimibile curiosità per le mille sfumature dell’esperienza delle organizzazioni e degli individui impegnati nel durissimo percorso per l’emancipazione delle classi subalterne. In quest’ottica ha dedicato studi importanti sia all’unionismo sindacale strutturato in Federazioni e Confederazioni, che al pulviscolo delle vicende individuali di militanti anarchici, tanto dei dirigenti e teorici più importanti, quanto di moltissimi singoli militanti semisconosciuti. Per dirla con Isaiah Berlin, si tratta di un percorso che coniuga gli atteggiamenti intellettuali e del riccio e della volpe.
Ridare vita agli individui, alle persone considerate oggetto più che soggetto di storia è stato, per Maurizio, un compito etico-politico da perseguire con gli strumenti più raffinati del mestiere.

Antonioli era approdato agli studi storici con una formazione giovanile nutrita di passione letteraria. Una passione che ha sempre convissuto con l’analisi specificamente storica. Di qui l’eleganza e la raffinatezza del suo stile argomentativo, così adatto a plasmare la mutevole rappresentazione del vissuto individuale.
In un periodo in cui il mondo delle classi subalterne sembra scomparso da qualsiasi riflessione della storiografia di sintesi, il regresso delle cose si accompagna sempre anche al regresso del pensiero, la lezione di Maurizio Antonioli, perseguita fino agli ultimi giorni, è sintomo di speranza, di possibilità aperte, o che comunque si possono ancora aprire. E se si apriranno potranno contare su riferimenti forti.

Lo storico e anarchico che ho cercato di delineare in questo breve schizzo è stato nello stesso tempo una persona all’interno di una ricca vita di relazioni, amicali, professionali, sociali. In tali sistemi di relazione si è dimostrato una «persona per bene». Lo so, quella che ho appena usata è espressione banale, abusata, quasi obbligata in contesti quali questo ricordo.
In tutta onestà intellettuale credo si possa affermare che, per quanto riguarda Maurizio, l’espressione in oggetto corrisponda alla realtà. Su ciò penso che vi possa essere una larga concordanza tra tutti coloro che con lui hanno avuto frequentazioni, anche di durata e intensità diverse.
Nella sua vicenda esistenziale, perciò, ci sono tutti gli elementi perché si possa parlare di una «buona vita».

 

 

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