Maturità, torna anche l’obbligo dei quiz Invalsi
Il caso La protesta degli studenti: "Non siamo numeri"
Il caso La protesta degli studenti: "Non siamo numeri"
Il ritorno degli esami di maturità alla condizione pre pandemica vuol dire l’introduzione del test Invalsi come requisito per l’ammissione. Così si evince da una lettera che Roberto Ricci, presidente di Invalsi (Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione) ha inviato nei giorni scorsi alle scuole. Ricci ha poi ieri specificato che «è previsto dalla normativa vigente il decreto legislativo n. 62 del 2017, che è sempre rimasto tale avendo subito esclusivamente delle sospensioni legate all’emergenza pandemica» e ha tenuto a precisare «la natura meramente tecnica della comunicazione che non coinvolge in alcun modo le decisioni di competenza del ministero dell’Istruzione e del Merito».
Non lo coinvolge, ma è lo stesso ministro Valditara che nei giorni scorsi aveva dichiarato di essersi già attivato per delle nuove modalità d’esame 2023. E nell’ottica del progetto di scuola valutativa-disciplinare perseguita dal centro destra (così come dalla Buona Scuola di Renzi), si comincia con i test come requisito per l’ammissione agli esami.
In terza media le prove Invalsi si svolgeranno nel mese di aprile; all’ultimo anno delle superiori si faranno in marzo, le date esatte verranno stabilite da Invalsi entro il 10 gennaio. La notizia ha gli studenti dopo la manifestazione nazionale dello scorso 18 novembre.
«Nonostante le numerose proteste dello scorso anno, per un esame di stato meno nozionistico, frontale e performativo – dice Bianca Chiesa, coordinatrice nazionale dell’Unione degli studenti – il ministro continua sulla strada della disintermediazione con gli studenti riportando l’obbligatorietà delle prove Invalsi per l’accesso all’esame prima di convocare il Forum delle Associazioni Studentesche più rappresentative (Fast)».
«Le prove invalsi- Spiega Alice Beccari dell’Uds: – sono uno strumento per valutare gli studenti dividendoli in aree, come se fossero numeri da controllare e da esaminare attraverso domande fatte di mere nozioni incapaci di rendersi uno strumento utile di crescita e di formazione per gli studenti». Gli studenti chiedono «l’esclusione dei P.C.T.O. come requisito e oggetto d’esame già dallo scorso febbraio con gli «Stati generali della scuola».
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