I malcapitati maturandi del 2024 sperimentano oggi un esame di stato ibrido, a cavallo tra il vecchio modello e quello nuovo che dovrebbe scaturire dalle riforme volute dal governo di destra sulla scuola, ancora non del tutto a regime. Gli interventi operati dal ministero dell’Istruzione (e merito) nel corso di questo anno sull’orientamento, la condotta e i corsi tecnico professionali di 4 anni partiranno ufficialmente dal prossimo anno scolastico.

TUTTAVIA GIÀ QUEST’ANNO i 526.317 studenti che concludono il ciclo della secondaria superiore potranno testare i primi effetti dei provvedimenti identitari dell’istruzione targata Meloni. Al netto della confusione che lo stesso dicastero di viale Trastevere è riuscito a comunicare anche in questo caso. Era già previsto dal complesso di norme per l’orientamento e il merito che i ragazzi e le ragazze di terza e quarta realizzassero un «capolavoro». Con questo termine fantasioso il Mim indica un elaborato che descriva le attività extracurriculari: sport, lingue parlate, strumenti musicali ma anche attività coreutiche, di volontariato e addirittura professionali.

TUTTO CIÒ CHE LA SCUOLA pubblica italiana per una mancanza strutturale di fondi non può fare e che solo la lungimiranza di alcune famiglie con cospicuo portafoglio può compensare. Per il ministero serve a far capire agli studenti «chi sono e cosa vogliono diventare». Deve essere, si legge nel testo, un «atto soggettivo di riflessione sul proprio percorso di apprendimento e di crescita personale» e «l’azione finale di un processo che presuppone prima una riflessione critica su quanto realizzato durante l’anno scolastico e poi la selezione di quel prodotto identificato come passo significativo compiuto per se stessi e la relativa responsabilità assunta». Senz’altro serve a far capire agli studenti in che posto della scala sociale si trovino, se sul gradino con chi ha potuto «solo» studiare per 5 anni o su quello con i fortunati che hanno avuto la possibilità di aumentare le proprie competenze privatamente.

«L’ideologia del “capolavoro” – spiega ad esempio il professor Lucio Malgioglio dell’associazione La Nostra scuola – così come quella dell’ “orientamento”, preme perché la scuola pubblica rinunci a ogni responsabilità sull’avvenire degli studenti e li lasci lì dove sono, futuri esecutori privi dei saperi fondamentali e incollati ai propri device, utenti e consumatori di contenuti imposti dal mercato».

IRRITUALE è stata la richiesta, giunta a poche settimane dell’esame attraverso un video esplicativo del Mim, su come caricare l’elaborato nella piattaforma «Unica», di far presentare anche ai maturandi «il capolavoro» anche se inutile per il proprio «E-portfolio». Altro strumento digitale, nato con la riforma sull’orientamento prevista dal Pnrr, per «valorizzare le competenze acquisite, avere a disposizione le più importanti prove di una trasformazione di sé». L’E-portfolio è strutturato in aree: «Percorso di studi» e cioè i risultati nella didattica; «Sviluppo delle competenze», che riguarda le attività extrascolastiche ed eventuali certificazioni conseguite privatamente dagli studenti; «l’Autovalutazione» e, appunto, il «Capolavoro». Solo lo scorso 17 maggio, dopo osservazioni e proteste, il ministero ha diffuso una nota per specificare che quest’ultimo non sarà oggetto dell’esame di stato, non confluirà «direttamente» nel curriculum dello studente (di cui tiene conto la commissione per la votazione) e quindi è stato lasciato ai singoli consigli di classe la decisione se richiederlo o meno.

«Ci sono state grandi critiche, informatevi – ha replicato anche ieri Valditara -. Il capolavoro nasce per evidenziare le predisposizioni degli studenti e per lavorare per potenziarle, non abbiamo mai detto che doveva essere portato alla maturità». Però ci sono maturandi che sono stati obbligati a prepararlo mentre erano alle prese con le verifiche finali e la preparazione dell’esame e altri a cui i professori hanno suggerito di lasciar perdere anche perché al momento non esistono parametri oggettivi di misurazione.

NUMEROSI ALTRI STUDENTI e studentesse, invece, arriveranno oggi all’esame con la media abbassata come punizione per aver occupato le scuole. Anche in questo caso si tratta del prequel della riforma sul voto in condotta che partirà a settembre ma che è stata anticipata dal ministro durante le mobilitazioni per la Palestina. Valditara, riferendosi ad esse usando termini come «guerriglia», «delinquenza» e «reati», ha chiesto il pugno duro e molti presidi si sono adeguati.

ALCUNI DIRIGENTI hanno scelto il rimborso economico per presunti danni, altri hanno organizzato delle audizioni pubbliche con ammissione di colpa da parte degli occupanti, la maggior parte ha optato per abbassare i voti di ammissione alla maturità. «Le occupazioni esistono perché mancano gli spazi di partecipazione – ha commentato Paolo Notarnicola, della Rete degli Studenti -. Tante si sviluppano in maniera assolutamente pacifica. L’intento di Valditara è punire lo studente per il suo impegno politico».