ExtraTerrestre

Matteo Zuppi, l’anarcociclista capo dei vescovi

Tempo fa, nel 2019, mi capitò di scrivere su questo spazio una cosa per me inusuale, cioè una specie di applauso a un pretone, un cardinale, che reggeva la diocesi […]

Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 26 maggio 2022

Tempo fa, nel 2019, mi capitò di scrivere su questo spazio una cosa per me inusuale, cioè una specie di applauso a un pretone, un cardinale, che reggeva la diocesi di Bologna: Matteo Zuppi, che definii «anarcomonsignore» perché fotografato mentre percorreva in bici e in senso inverso una vietta di Bologna. Quello che i motorizzati chiamano «contromano» e noi demotorizzati chiamiamo «senso unico tranne bici», che sia autorizzato o no.

Ora Zuppi è il capo dei vescovi italiani e siccome sono affezionato a questa figura umana sono andato a trovarlo nel baretto dove ogni tanto passa a rilassarsi a due passi dalla sua ex parrocchia trasteverina e dalla sede della comunità di S.Egidio. Il bar è il S.Calisto, a Roma un’istituzione popolare da decenni e una specie di succursale di S.Egidio quanto a diplomazia: è l’unico bar romano dove ci sono i simboli sia della Roma sia della Lazio, nessuno fa una piega e il cazzeggio calcistico resta nei limiti del rispetto. Trovi ai tavolini fuori appunto monsignori e gente di margine, i prezzi – bassi – sono identici al bancone e al tavolino, e in uno dei luoghi più spennaturisti di Roma.

A Trastevere in pausa pranzo vedo se trovo l’arciprete biciclettaro. C’è, saluto, mi siedo e vado al punto. «Ti volevo dire di questa cosa dell’anarcociclista, non è che te la sei presa?».

«Ma no, me l’hanno detto a Bologna e sai che c’è? Ho capito la tua disperazione». Come disperazione… «Sì, vedi io capisco che tu e quelli che si spostano in bici non sapete più che fare per mostrare la semplicità della bici, il suo essere mezzo innocuo in mezzo a questo casino», indica la piazzetta, formalmente pedonale ma come sempre accade a Roma la misura dell’Eternità è data dall’«attimino» del parcheggio di qualsiasi quattroruote. «E’ che – continua Zuppi – per esempio non si capisce che in mezzo a questo caos un’opportunità in più di tornare vivi a casa è quella di usare la vista frontale di cui ci ha dotato il Signore», qui qualche agitazione da parte mia che non sono creazionista, ma d’altronde Matteo sta gustando una granita e io accumulo birrette che lui rifiuta, stili diversi insomma. «Non sai quante volte mi sono raccomandato l’anima intorno al Vaticano. Bisogna avere pazienza, e costanza nella divulgazione».

Non mi azzardo a chiedergli un’omelia perché «da tanto non faccio il parroco», però magari un’indicazione alle diocesi sparse per l’Italia, visto che ora fa il capo dei vescovi… «Ci posso provare, ma capirai: anche i miei pensano che l’auto elettrica sia mobilità ecologica, non riesco a fargli capire che proprio il mezzo in sé, qualsiasi sia la motorizzazione, è un atto di egoismo nei confronti della società, ruba tempo e spazio a tutti per non parlare dello spreco di risorse e denaro, se ti mette sotto di certo le conseguenze non cambiano, insomma un disastro: ma ci posso provare, se dico a te pazienza e costanza io per primo le devo mettere in atto». Naturalmente questo dialogo è immaginario, e la parte sulla disperazione l’ho presa dal mio sentire. Ma sono piuttosto certo che Zuppi, a sollecitarlo su questi argomenti, direbbe esattamente quello che ho disperatamente immaginato.

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