ExtraTerrestre

Matteo Zuppi, ciclista selvaggio e monsignore

Matteo Zuppi, 64 anni, come molti bolognesi si sposta in bicicletta, e di mestiere fa l’arcivescovo di Bologna, lavoro a cui ne ha recentemente aggiunto un secondo, quello di cardinale […]

Pubblicato quasi 5 anni faEdizione del 19 dicembre 2019

Matteo Zuppi, 64 anni, come molti bolognesi si sposta in bicicletta, e di mestiere fa l’arcivescovo di Bologna, lavoro a cui ne ha recentemente aggiunto un secondo, quello di cardinale di S.Egidio in Trastevere, a Roma, comunemente definita «la diplomazia parallela del Vaticano». In sostanza, la Comunità di S.Egidio risolve – o perlomeno ci prova – lontano da riflettori le diverse crisi che noi umani apparecchiamo qui e lì nel mondo.

Zuppi è molto amato a Bologna e anche nella parrocchia di Torre Angela a Roma, dove ha prestato servizio per molti anni: è una delle periferie più complesse e difficili della capitale, e il suo carattere mite di prete di strada l’ha fatto apprezzare alle fasce più marginali di una società già marginale di suo.

Da oggi Matteo Zuppi è arruolato di diritto tra le fila dei «ciclisti selvaggi», come veniamo definiti noi anarcoinsurrezionalisti malvagi, quelli che osano mettere in atto ogni metodo per salvarsi la pelle nelle vie delle nostre città. Per una simpatica disattenzione dei produttori di un documentario su di lui, Il Vangelo secondo Matteo Z – Professione Vescovo, sta circolando in questi giorni un’immagine di Zuppi in bicicletta: solo che è stata scattata in una via di Bologna, de’ Gombruti, che guarda un po’ è a senso unico, e l’anarcomonsignore la percorre in senso inverso. Dato che noi ciclisti, allenati da anni di vita in ambiente ostile, siamo lesti di mano, ecco che la presidente di Salvaiciclisti Bologna, Simona Larghetti, mette mano alla tastiera tra una poppata e l’altra del secondo nato Bruno, e scrive le parole che di seguito incollo: «Riconoscete quella strada? È una strada a senso unico che il Vescovo Zuppi sta percorrendo in senso opposto al senso di marcia. Ai commentatori odiatori di ciclisti e paladini delle regole piace dire in contromano come tutti i ciclisti indisciplinati, a noi piace dire doppio senso ciclabile, perché è così che si chiama, dato che non ha senso che un provvedimento disposto per mezzi di 14 quintali valga anche per mezzi che hanno la stessa ampiezza di una persona a piedi. E talmente non ha senso che in tutti i Paesi civili il doppio senso ciclabile è la norma, non l’eccezione, e come non ci stancheremo mai di ripetere è una norma che consente maggiore sicurezza, perché consente percorsi più brevi a chi pedala, incentivandone l’uso (meno auto=meno incidenti), perché consente maggiore visibilità tra auto e bici (incidenti auto-bici sono nella stessa direzione), perché i dati ci dimostrano che le città con doppio senso ciclabile (Reggio Emilia dal 2008) hanno meno incidenti».
A parte il fatto che le parole di Simona sono finite sulla stampa nazionale, è interessante notare che questo anziano criminale, presumibilmente incallito dato che gira da sempre in bici, mette in atto con la massima semplicità una delle misure di sicurezza più efficaci conosciute dalla nostra specie, ovvero l’utilizzo della vista frontale, mentre l’inverso, ovvero l’utilizzo dell’interpretazione dei segnali sonori che giungono da dietro, è potenzialmente fallace e in alcuni casi letale.

Ma spiegare l’abc della specie umana a una società composta da clienti, più che da cittadini, appare ormai un esercizio inutile, come non mi stanco di ripetere. In ogni caso benvenuto tra noi criminali, Eminenza.

ABBONAMENTI

Passa dalla parte del torto.

Sostieni l’informazione libera e senza padroni.
Leggi senza limiti il manifesto su sito e app in anteprima dalla mezzanotte. E tutti i servizi della membership sono inclusi.

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento