Tra gli uliveti della vasta piana di Macchia, predella sulla quale posa un fianco di Monte S. Angelo, cittadina del Gargano simbolo della civiltà longobarda e bizantina che nel 1948 ispirò un racconto di Arthur Miller, vi è una piccolissima tipografia con macchinari d’altri tempi dove aleggia lo spirito del poeta bolognese Roberto Roversi. Si stampano, con caratteri mobili in piombo e a tiratura limitata, plaquette di poesie di una sola pagina di poeti noti, come Vivian Lamarque fresca vincitrice del premio Strega Poesia, e di quelli meno conosciuti.

Il tipografo-editore d’eccezione è Matteo Totaro, che mette in fila i caratteri con la precisione di un chirurgo. Appassionato di letteratura, in particolare di poesia, insegna Lettere in un istituto superiore di Vignola in provincia di Bologna. Durante i suoi studi alla facoltà del capoluogo emiliano nei primi anni duemila, dopo vario girovagare è finito in un appartamento che gli consentiva la quiete necessaria all’elaborazione della sua tesi di laurea dedicata ai testi scritti da Roberto Roversi per l’album Automobili di Lucio Dalla.

Roversi, che nel 1955 con Pasolini fondò la rivista Officina, aveva voltato le spalle alla grande editoria degli anni ‘60-’70 del secolo scorso, stampando poesie in proprio con il ciclostile. «Un giorno mentre uscivo di casa – racconta Matteo Totaro- mi cadde l’occhio sul campanello del vicino di pianerottolo, vi lessi Roberto Roversi chiesi al portinaio se fosse il poeta, confermò. Mi presentai e gli dissi che stavo facendo la tesi su di lui, fu l’inizio di un sodalizio che dal 2006 durò fino alla morte avvenuta nel 2012. Gli consegnai una copia della tesi, chiedendogli di correggere ciò che riteneva inesatto, ma lui sottolineò solo i passi che gli piacevano. Dopo la chiusura della libreria di via Palmaverde mi chiese di aiutarlo a sistemare i libri residui e a mettere ordine all’archivio con tutte le carte accumulatesi nel corso di decenni di attività intellettuale. Quel lavoro per me si trasformò nel contatto frequente con un maestro, che non saliva mai in cattedra, aveva sempre un rapporto alla pari, atteggiamento che cerco di tenere con i miei studenti. Bastava guardare come si muoveva tra i libri, le considerazioni che faceva su un autore per apprendere cose nuove, passavamo lunghi pomeriggi a parlare di letteratura, ma anche di sport.

Era uno sportivo equilibrato, i suoi interessi riguardavano tutti gli sport. Era appassionato di calcio, tifava per il Bologna, mai con eccesso. Nel 2001 pubblicò anche una raccolta di poesie La partita di calcio («L’ora del sangue impera / là dove / la tromba del giudizio / chiama raduna sceglie poi colpisce / prima che l’orizzonte del dubbio / apra le porte dell’Olimpo…» ). Mi raccontò delle numerose partite di calcio giocate da ragazzo con Pasolini, frequentavano lo stesso istituto. Gli interessi sportivi di Roberto Roversi andavano dal calcio ai motori, scrisse il testo della canzone Nuvolari dedicata al campione di automobilismo degli anni ‘30, cantata da Lucio Dalla. Parlò di me a Lucio Dalla, che suonò il campanello di casa in ben due occasioni in cui fece visita al poeta bolognese, ma non ero in casa e l’opportunità di fare la sua conoscenza sfumò. Purtroppo Lucio Dalla morì subito dopo».

Quei pomeriggi trascorsi a catalogare manoscritti, alimentarono un rapporto di reciproca curiosità, che spingeva anche il poeta bolognese a porre domande. Voleva sapere se i ragazzi a scuola fossero interessati alla letteratura, quale era la situazione politica in Puglia e a Monte S. Angelo. Roversi voleva capire in quale direzione andasse il mondo giovanile e voleva saperlo da chi lo viveva dal di dentro.

«Con l’esperienza di Officina e poi delle sue poesie ciclostilate, fu Roberto Roversi a introdurmi al mondo della stampa in proprio – continua Matteo Totaro – gli espressi il desiderio di fondare una piccola casa editrice, lui mi incoraggiò. Gli chiesi un suo racconto inedito, che aveva da qualche parte, ma non riusciva a trovarlo, finito chissà sotto quali scartoffie.

Un pomeriggio mi disse di prendere carta e penna, dettò di getto un racconto, Scalabrino, che poi pubblicai per la mia casa editrice, la Heket, fondata nel 2013. Nel 2017 passai a stampare solo con caratteri mobili in piombo e, in omaggio al rapporto privilegiato avuto con Roversi, chiamai la mia nuova casa editrice Officina del giorno dopo, dove confluì la Heket. La prima pubblicazione riguardò tre sue poesie inedite”.

Il frutto del rapporto tra Matteo Totaro e il poeta Roberto Roversi sarà oggetto della mostra «10+1= cento», che si terrà l’11 novembre a Bologna ( dal 12 al 19 novembre solo su prenotazione scrivendo a: totaro.m@tiscali.it ) alle ore 19 presso Anonima Impressori, via San Carlo 44/a, per celebrare il centenario della nascita di Roberto Roversi.

L’esposizione dei materiali è articolata in più parti: la presentazione dei primi dieci numeri della collana I Merenghi usciti tra marzo del 2018 e febbraio del 2023 per l’editrice Officina del giorno dopo; il libro fuori collana realizzato per l’occasione con una poesia inedita di Roberto Roversi ( l’incipit: «Roversi/come era/ e come non è più/ Gli piacque la battaglia/ anzi restando sempre sconfitto dalla testa ai piedi/ e così via dicendo/ fino a esaurimento merce…»); infine una selezione di materiali che Roberto Roversi regalò a Matteo Totaro. Il poeta e traduttore Nicola Muschitiello leggerà alcune poesie di Roversi.

Tra i sogni dell’editore-tipografo anche un appuntamento annuale a Monte S. Angelo di poeti, artisti e tipografi. Una manifestazione già sperimentata qualche anno fa che ha riscosso i favori del pubblico. Matteo Totaro ha organizzato tutto a proprie spese, ma le magre finanze non hanno retto.
Corre d’obbligo un appello: mecenati e istituzioni culturali, allo stesso modo in cui il poeta Roversi ha aperto la sua casa, aprite ai giovani le vostre casse affinchè i sogni diventino realtà.