Era aprile quando il suo nome come possibile ministro dell’Interno cominciò a circolare anche se solo come ipotesi. A Milano Giorgia Meloni apriva una kermesse di Fratelli d’Italia nella quale, seppure in maniera informale, si iniziò a pensare a una possibile lista di ministri per un eventuale governo di centrodestra.

Ancora non si parlava di elezioni anticipate, ma la leader del partito aveva già le idee chiare: oltre a politici, del futuro esecutivo avrebbero fatto parte anche personalità di rilievo, non immediatamente ricollegabili alla Destra.

Con questo spirito uno dei nomi scelti per riempire la casella «ministero dell’Interno» fu quello del prefetto di Roma Metteo Piantedosi, ex capo di gabinetto di Matteo Salvini (e in seguito per qualche tempo anche di Luciana Lamorgese nel periodo delle circolari Covid) quando il leghista sedeva al Viminale e chiudeva i porti alle navi delle ong con i migranti.

Nato nel 1963 ad Avellino ma originario di Cervinara, Piantedosi è sposato con due figlie ed è un appassionato di sport (gli piace andare in bicicletta e fare escursioni in montagna). E’ laureato in Giurisprudenza ed è entrato nell’amministrazione civile dell’Interno nel 1989 con l’incarico di capo di Gabinetto alla prefettura di Bologna dove si occupò di pubblica sicurezza, immigrazione e protezione civile.

Nel 2013 viene nominato prefetto e destinato a Lodi, ruolo che in seguito ricoprirà anche a Bologna. E’ lui a dirigere la prefettura cittadina quando le Nuove Brigate rosse uccidono il giuslavorista Marco Biagi.

Al Viminale viene chiamato come capo di gabinetto da Annamaria Cancellieri quando quest’ultima venne nominata ministro dell’Interno dal governo Monti (2012). E in via Depetris Piantedosi è rimasto. Quando Matteo Salvini divenne ministro dell’Interno fu lui di fatto a gestire il ministero e con il leghista condivise anche la linea dura adottata contro i migranti e le navi delle ong. Scelta che lo ha coinvolto in una delle inchieste delle procure siciliane contro Salvini, anche se la sua posizione è stata archiviata.

Va detto che in passato, ai tempi degli attentati del terrorismo islamico in Europa, non ha esitato a schierarsi contro pericolose equazioni: «Sento di poter affermare – disse – che non c’è nessun collegamento automatico tra terrorismo e immigrazione».

Da prefetto di Roma è stato lui a gestire l’ordine pubblico nel giorno in cui la sede della Cgil è stata presa d’assalto dai manifestanti no Green pass, un episodio che in una intervista di un anno fa ha definito «doloroso».

Che decisioni prenderà ora che ai vertici del Viminale siede lui, è ovviamente tutto da vedere.

Una cosa sembra però sicura: contrariamente a quanto accaduto con Salvini, non sarà l’immigrazione a tenere banco nei prossimi mesi. Più dei barconi, spiegano infatti al ministero, Piantedosi dovrà probabilmente preoccuparsi dell’ordine pubblico in vista di un autunno che si annuncia caldissimo.