Mattarella, un inizio di garanzia
Il discorso di Mattarella I quattro punti del messaggio di Mattarella: la necessità di ricostruire il legame sociale, il ruolo delle forze politiche in parlamento, le priorità nelle riforme e l’urgenza di attuare la Costituzione
Il discorso di Mattarella I quattro punti del messaggio di Mattarella: la necessità di ricostruire il legame sociale, il ruolo delle forze politiche in parlamento, le priorità nelle riforme e l’urgenza di attuare la Costituzione
Era il passaggio più atteso nel messaggio del nuovo presidente della Repubblica al parlamento, e Sergio Mattarella non ha evitato di parlare delle riforme costituzionali. Fatto un veloce riferimento alla revisione in corso della Carta, ha però dedicato buona parte del suo non lungo intervento all’importanza di attuare, «garantire» la Costituzione che c’è. Ma al centro del discorso ha messo l’urgenza di recuperare il «legame sociale».
«L’unità di attese e aspirazioni»
Ascoltate – a fatica, i tecnici della camera sono stati costretti a alzare velocemente l’amplificazione – le prime parole di Sergio Mattarella, si è capito che quell’unica frase con la quale aveva accolto sabato la decisione dei grandi elettori era già una traccia delle sue prime intenzioni. «Il mio pensiero va alle speranze e alle difficoltà dei nostri concittadini. Penso che possa bastare», aveva detto quattro giorni fa Mattarella, e ieri ha esordito sottolineando gli effetti sociali della crisi economica: «Ha aumentato le ingiustizie, ha generato nuove povertà, ha prodotto emarginazione e solitudine». L’«agenda esigente» che il capo dello stato assegna a se stesso e a tutte le istituzioni comincia dal «confermare il patto costituzionale che mantiene unito il paese e riconosce a tutti i cittadini diritti fondamentali e pari dignità sociale e impegna la Repubblica a rimuovere gli ostacoli che limitano la libertà e l’uguaglianza». L’unità nazionale, dice il nuovo capo dello stato, non è un’invocazione «astratta», ed è come se avvertisse il rischio che la ricostruzione patriottica iniziata da Ciampi e proseguita sul piano delle istituzioni da Napolitano si stia svuotando di senso. Perché l’unità diventi «un orizzonte di speranza», dice, bisognerà «ricostruire i legami che tengono insieme la società». Ed è interessante che in piena crisi dei corpi intermedi, mentre altrove si esalta la disintermediazione, Mattarella sottolinei «il ruolo della formazioni sociali, corollario di una piena partecipazione alla vita pubblica».
Il tramonto dell’antipolitica
Il presidente non nega le difficoltà dei partiti. Smette però la polemica con l’antipolitica. E nel parlamento con «la più alta percentuale di donne e tanti giovani» riconosce piena cittadinanza alla «capacità di critica, e persino di indignazione, voglia di cambiare». Un’apertura che il Movimento 5 stelle non può non cogliere, ma che il presidente accompagna con la raccomandazione a non dimenticare «l’essenza del mandato parlamentare: non si è espressione di un segmento della società o di interessi particolari». Un atteggiamento che può far rapidamente invecchiare due anni di polemiche tra i grillini e Napolitano.
«Senza entrare nel merito»
Si sa che Mattarella vuole restare lontano da «una visione troppo estensiva del ruolo del presidente della Repubblica». E ha accettato per sé i panni del «garante della Costituzione», «arbitro imparziale» che chiede correttezza ai «giocatori». È però significativo che abbia introdotto questa messa a punto del suo mandato nel passaggio in cui ha parlato delle riforme costituzionali e della legge elettorale, senza dire nulla nel merito: le prime vanno «portate a compimento», la seconda «è una priorità». Ha aggiunto che la Costituzione va riformata «per rafforzare il processo democratico». E ha voluto da subito affrontare il primo corno, la «deroga costante alle forme ordinarie del processo legislativo» di cui il governo Renzi sta fornendo prove record. Le esigenze dell’esecutivo, ha detto Mattarella, vanno bilanciate «con il rispetto delle garanzie procedurali di una corretta dialettica parlamentare». Coincidenza (o forse no) ha voluto che proprio ieri, per l’eccesso di decreti da convertire, terminata la cerimonia con Mattarella, la camera abbia deciso di rallentare la corsa del disegno di legge di revisione costituzionale.
«Carta da far vivere ogni giorno»
Il presidente della Repubblica non ha ovviamente un programma politico, eppure Mattarella nell’ultima parte del suo discorso ha fatto molti esempi di come attuare la Costituzione possa essere un vero programma «riformista». Diritto al lavoro (art. 4), allo studio (art. 34), promozione della cultura (art. 9), diritti dei malati (art. 38), delle donne (art. 51), ripudio della guerra (art. 11) e pluralismo dell’informazione (art. 21) sono altrettanti capitoli inseriti nel testo del discorso prendendoli quasi letteralmente dalla Carta. E non è mancato un riferimento al dovere di pagare le tasse: «Che ciascuno concorra, con lealtà, alle spese della comunità nazionale». Dove quel riferimento alla «lealtà» non viene dalla lettera dell’articolo in questione, il 53. Ma magari dall’attualità politica della delega fiscale.
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