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Mattarella al Csm (e al Pd): «Sconcertante, si volta pagina»

Mattarella al Csm (e al Pd): «Sconcertante, si volta pagina»Il presidente Sergio Mattarella – LaPresse

Magistratura Parole durissime del capo dello Stato al plenum straordinario. «Basta nomine a pacchetto»

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 22 giugno 2019

L’indagine della procura di Perugia sul caso Palamara ha fatto emergere «un quadro sconcertante e inaccettabile». Sergio Mattarella, nella qualità di presidente del Csm, è intervenuto ieri al plenum straordinario dell’organo di autogoverno di giudici e pm, scegliendo parole durissime e inequivocabili.

Per il capo dello Stato, il «coacervo di manovre nascoste, di tentativi di screditare altri magistrati, di millantata influenza, di pretesa di orientare inchieste e condizionare gli eventi, di convinzione di poter manovrare il Csm, di indebita partecipazione di esponenti di un diverso potere dello Stato, si manifesta in totale contrapposizione con i doveri basilari dell’ordine giudiziario e con quel che i cittadini si attendono dalla magistratura». Destinatari del messaggio non solo le toghe, ma anche quegli esponenti politici, essenzialmente del Pd, che si ostinano a minimizzare l’accaduto all’insegna del «così fan tutti» di craxiana memoria.

NO, UN DEPUTATO indagato (il renziano Luca Lotti) che triga con alcuni consiglieri del Csm, insieme a un facilitatore magistrato-deputato (il renziano Cosimo Ferri), per la nomina del capo della procura che lo sta indagando non si sta comportando secondo l’usuale consuetudine dei rapporti fra magistrati e politica. Mattarella lo fa capire chiaro e tondo, così come esplicita è l’indicazione al Csm di «provvedere ad adeguamenti delle proprie norme interne, di organizzazione e di funzionamento, per assicurare, con maggiore e piena efficacia, ritmi ordinati nel rispetto delle scadenze, regole puntuali e trasparenza delle proprie deliberazioni».

E cioè: basta nomine «a pacchetto» dei capi degli uffici, secondo logiche spartitorie, ma, come ribadito anche dal vicepresidente David Ermini, «rigorosa osservanza del metodo cronologico e di quello meritocratico». Più chiaro cosa significa il primo – si fanno le nomine una alla volta, in ordine di vacanza della sede -, assai opinabile la traduzione in pratica del secondo. Ma tant’è, un tributo al dio della meritocrazia andava offerto.

NELLA BREVE DISCUSSIONE seguita alle parole di Mattarella sono intervenuti i rappresentanti delle diverse anime del consiglio. Giuseppe Cascini, di Area (il gruppo cui fa riferimento Magistratura democratica), ha puntato il dito contro l’attuale legge elettorale maggioritaria del Csm, voluta da Berlusconi, «approvata per togliere potere alle correnti e darlo agli elettori» ma il cui risultato è stato l’opposto: rafforzare all’interno delle correnti stesse «localismi, individualismi, cordate elettorali». Per questo le toghe progressiste chiedono il ritorno al proporzionale di lista, con voto di preferenza.

Nel mirino di Cascini anche la riforma dell’ordinamento giudiziario del 2006 che ha promosso il carrierismo («un’ansia di arrivare che ha colpito anche i migliori tra noi») e gerarchizzato le procure, rendendo i procuratori capo talmente importanti da attirare sulle loro nomine le attenzioni moleste del potere politico. Serpeggia a Palazzo dei Marescialli la paura per riforme affrettate ed emotive, che rischiano di essere pezze peggiori del buco.

Ora il Csm investito dal più grande scandalo dai tempi della P2 sembra in condizioni di ripartire, ma non tutto è ancora chiaro. A ottobre si svolgeranno le elezioni suppletive per due membri della quota pm, e da ieri Giuseppe Marra e Ilaria Pepe, della corrente di Piercamillo Davigo, sono subentrati a Gianluigi Morlini di Unicost e Corrado Cartoni di Magistratura indipendente (Mi). A quest’ultima corrente, il cui leader de facto è il deputato-magistrato Ferri, appartiene anche l’ultimo dei consiglieri coinvolti nello scandalo, sulle cui intenzioni c’è mistero: Paolo Criscuoli è l’unico ad essere rimasto semplicemente «autosospeso», scegliendo per ora di non dimettersi.

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