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Match Epifani-Renzi. Guerra di guerriglia del sindaco su Letta

Match Epifani-Renzi. Guerra di guerriglia  del sindaco su LettaMatteo Renzi

Democrack Il segretario 'sgrida' il rottamatore: errore gravissimo indebolire il congresso. Ma offre un negoziato sulle regole del congresso, per evitare lo scontro all'assemblea nazionale

Pubblicato circa 11 anni faEdizione del 13 settembre 2013

Un’ora di faccia al Nazareno fra Epifani e Renzi, il clima – giurano alla sede del Pd – era «sereno». Ma la premessa erano le parole caustiche pronunciate dal sindaco di Firenze a Porta a Porta mercoledì sera: «Capisco che Letta si preoccupi della seggiola, ma bisogna pensare a quel che serve al paese». E: «Una cosa è dire che serve la stabilità, altra cosa è l’immobilismo». Parole poi derubricate dallo stesso Renzi a «una battuta». Che però sono piaciute poco al segretario Pd. E che hanno costretto persino i sostenitori dell’ultima ora di Renzi a prendere le distanze. «È molto grave e ingiusto l’attacco di Renzi a Letta. Prima del congresso Pd viene il paese», twitta Pier Luigi Castagnetti. Mercoledì sera la componente Aredem di Franceschini e Fassino ha confermato l’appoggio al sindaco, in vista del congresso, invitandolo però a un «sostegno convinto» al governo Letta. Letta «sta facendo un lavoro straordinario», ha insistito ieri il ministro dei rapporti con il parlamento, «con autentico spirito di servizio». Dal gruppo si smarca l’ex ministro del lavoro ed ex Fiom Damiano, impegnato nella Costituente delle idee’ a fianco di Cuperlo.

Epifani e il sindaco hanno provato non rendere pubblico il «franco confronto» di ieri. Ma all’ordine del giorno c’era la richiesta di non indebolire Letta nel difficile passaggio della decadenza di Berlusconi – il voto in giunta sarà mercoledì. «Sarebbe un gravissimo errore – ha detto poi Epifani al Tg3 – nel momento in cui ’c’è un governo che sta affrontando tra mille difficoltà i problemi del paese chiedere al Pdl responsabilità e non farlo noi che abbiamo alla guida uno dei nostri». Sul tavolo c’era anche la bozza di un accordo sulle regole del congresso Pd, sulle quali ufficialmente deciderà l’assemblea del 20 e 21 settembre. Un nuovo scontro in casa Pd non sarebbe un buon biglietto da visita per le assise.

I renziani negano cedimenti. E negano anche, da parte loro, intenzioni ostili al governo. «Polemica inesistente» (Dario Nardella) e «strumentale» (Ernesto Carbone), Renzi ha giurato di voler dare «non una ma due mani» a Letta. Ma fino a quando? Un voto fra febbraio e aprile resta l’opzione preferita – anche se sempre meno probabile – per il sindaco. Che comunque, per correre da premier dovrà necessariamente mettere «non una ma due» distanze dal premier in carica.

Per questo è difficile che Renzi possa rinunciare alla «guerra di guerriglia» su Letta: utilissima per posizionarsi in vista delle primarie contro le larghe intese, tollerate ma mai amate dal popolo democratico. Cosa che tornerebbe utile anche un domani, dopo le primarie, per una saldatura – che i renziani danno per certa – con l’area di Pippo Civati.

Ma la guerra a bassa intensità contro l’alleanza di governo e l’«immobilismo» delle larghe intese serve a «chiarire» il peso limitato che il sindaco vuole attribuire ai ’nuovi’ alleati, rottamati, scomodi e molto governisti: da Franceschini a Castagnetti al lettiano pontiere Boccia, escludendo Beppe Fioroni (verso il quale il sindaco, davanti a Vespa, ha scandito un secco: «No, lui no»).

Per distinguersi, Gianni Cuperlo è costretto alla difesa delle larghe intese: «ingeneroso» il giudizio di Renzi, «noi abbiamo dato un sostegno leale a questo governo, ma anche incalzandolo». Meno diplomatico Massimo D’Alema, per il quale il problema fra i due – Letta e Renzi – non esiste, almeno per ora. Perché «le elezioni politiche non ci saranno. A meno che Berlusconi non dia di matto». Eventualità cui ormai nessuno crede più.

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