Matango, l’umanità a misura di fungo
Maboroshi L'esperimento nucleare nell'atollo di Bikini nel 1954, inglobato nel lungometraggio diretto da Ishiro Honda,
Maboroshi L'esperimento nucleare nell'atollo di Bikini nel 1954, inglobato nel lungometraggio diretto da Ishiro Honda,
Fra il 1946 e il 1958, la zona settentrionale delle Isole Marshall, nell’Oceano Pacifico, venne usata dal governo statunitense come campo dove sperimentare i nuovi ordigni nucleari nella corsa agli armamenti che caratterizzò per decenni la Guerra Fredda. Il culmine di questi esperimenti si ebbe il primo marzo del 1954, quando nell’atollo di Bikini fu fatta esplodere una bomba all’idrogeno, parte della cosiddetta operazione Castle Bravo. Il fallout radioattivo che si estese per migliaia di chilometri, raggiunse anche un peschereccio giapponese, il Daigo Fukuryu Maru che si trovava quel giorno in mare aperto e causò, sei mesi più tardi, la morte di uno dei membri dell’equipaggio.
NATURALMENTE l’evento fu ampiamente discusso, analizzato e criticato in patria, considerando anche il fatto che avvenne due anni dopo la fine dell’occupazione americana dell’arcipelago e quando le relazioni fra i due paesi si andavano ri-definendo. Nel 1959, all’incidente il regista e sceneggiatore Kaneto Shindo dedicò un lungometraggio, Daigo Fukuryu Maru, ma forse il film più famoso che incluse la tragedia di Bikini ed il conseguente monito contro l’atomica nella sua trama è Gojira (Godzilla) di Ishiro Honda, uscito nell’autunno dello stesso anno. Honda sarebbe ritornato sul tema degli effetti delle radiazioni sull’ecosistema naturale e sull’equipaggio di una nave anche nel 1963. Proprio l’undici agosto di 60 anni fa usciva infatti Matango, in italiano conosciuto anche come Matango il mostro, lungometraggio diretto da Honda, con effetti speciali curati da Eiji Tsuburaya e tratto dal racconto The Voice in the Night, pubblicato nel 1907 da William Hope Hodgson.
Il lungometraggio fu presentato in doppia programmazione assieme a Hawai no wakadaisho, tipico film leggero da vacanza e quarto capitolo di una serie già molto popolare prodotta dalla Toho dal 1961. I primi cinque minuti di Matango sembrano proprio richiamare il periodo estivo e vacanziero, un gruppo di amici, provenienti da diversi ceti sociali, è in viaggio su un piccolo panfilo, quando una tempesta li fa naufragare e arrivare su un’isola. Qui si rendono conto che nessun animale, neanche insetti, vive sull’isola che è popolata solo da piante, ma soprattutto che è un tipo di fungo a dominare l’habitat del luogo. Questo è stato denominato Matango dal gruppo di ricercatori che abitavano l’isola, ma che ora sono misteriosamente scomparsi. Il gruppo ben presto comincia a sfaldarsi, la struttura che li teneva assieme nel mondo “civile” si sgretola ed ognuno cerca di sopravvivere a scapito degli altri, mandando all’aria il senso del gruppo e della collettività spinto e decantato nel Giappone del dopoguerra.
SPESSO considerato, a torto, un film di serie B, forse perché visionato nella sua versione statunitense adattata o giudicato solo dai vari poster, Matango è in realtà un attento studio sul comportamento umano quando le maglie sociali crollano, un film sulla paranoia Carpenteriana che si instaura su un gruppo di persone isolate dal resto della civiltà, ma anche un viaggio psilocibinico nella necessità della mutazione e dell’ibridazione extra-umana per la sopravvivenza. Il tutto viene tenuto insieme dall’ottima fotografia di Hajime Koizumi, i colori specialmente sono molto pop tendenti all’acido, da ottime interpretazioni e da una fantasia micologica che forse sfocia nel ridicolo in alcuni frangenti del finale, ma che è giustificata dall’arco narrativo che propone il totale annientamento dell’essere umano a favore dell’essere fungo, quasi una discesa nella tana del coniglio di Alice nel paese delle meraviglie.
matteo.boscarol@gmail.com
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