Cultura

Massimo Canalini, inventivo testimone dell’editoria italiana

Massimo Canalini, inventivo testimone dell’editoria italianaMassimo Canalini

Ritratti Addio all'editore di Transeuropa, morto a 68 anni nella sua casa di Ancona. Aveva pubblicato Tondelli, molti esordienti e fu l'artefice del recupero di Joyce Lussu

Pubblicato 23 giorni faEdizione del 17 settembre 2024

È morto domenica mattina nella sua casa di Ancona, dove era nato sessantotto anni fa, Massimo Canalini, uno dei testimoni più originali e inventivi della recente editoria italiana. Benché la parola possa sembrare impropria per uno spirito tanto laico e disincantato, la sua era stata letteralmente una vocazione. Nei corridoi del vecchio liceo-ginnasio della città, il «Rinaldini», all’inizio degli anni settanta capitava di imbattersi in due studenti inseparabili, l’uno dal fisico minuto e la voce sottile, erudito in storia patria e geografia antropica, Giorgio Mangani, l’altro allampanato e già afflitto dal vizio impunito della lettura, gli occhiali di celluloide e lo sguardo penetrante, Massimo Canalini, il cui sorriso sardonico catturava ipso facto lo spirito del tempo, cioè un’età di antagonismo e di esibita insolenza.

ENTRAMBI i compagni di scuola, insieme a Ennio Montanari, già alla fine del decennio fondano il lavoro editoriale cui Canalini devolve non soltanto la passione letteraria ma un genio di talent scout che in Italia ha rari riscontri tra i coetanei: grazie a lui entrano in catalogo, fra gli altri, due recuperi fondamentali come Joyce Lussu, specie la memorialista di Fronti e frontiere, il poeta Luigi Di Ruscio (memorabile l’uscita, nel 1986, del romanzo autobiografico Palmiro, con in copertina a tutta pagina la foto dei pugili di August Sander) o infine Gilberto Severini, allora esordiente con Nelle aranciate amare (’81) e oggi ritenuto nel senso comune un fuoriclasse della narrativa.
Ma è solo nei pieni anni ottanta, per partenogenesi dal lavoro editoriale, che Canalini può firmare in esclusiva le proprie collane con il marchio di Transeuropa cui subito si lega il nome di Pier Vittorio Tondelli e la curatela di alcune antologie di esordienti, Giovani Blues e Paper Gang, incunaboli della produzione fine secolo e qui basterebbero i nomi di Andrea Canobbio, Silvia Ballestra, Romolo Bugaro, Roberto Ferrucci assieme a quelli che per altra via ne illustrano il catalogo, da Claudio Piersanti (di cui edita nel 1986 il primo romanzo-romanzo, Charles) e Angelo Ferracuti (esordiente con Norvegia, ’93), ai Bildungsroman di poeti quali Attilio Lolini (Morte sospesa, ’93), Tommaso Di Francesco (Il giovane Mitchum, ’88) e Renzo Paris (la riedizione di Cani sciolti è ancora dell’’88) fino al musicista-narratore Claudio Lolli che pubblica, fra l’altro, da Transeuropa Giochi crudeli: e va aggiunto che, dopo la morte prematura di Tondelli, proprio Lolli diviene il più prossimo degli interlocutori e il suo appartamento in fondo a via Indipendenza si trasforma nella dépendance bolognese di Transeuropa.
Peraltro Canalini non aveva un carattere facile (e i suoi giudizi, pure se motivati fino al cavillo, erano imprevedibili) né le sue scelte erano orientate dal mercato. Anche se poteva capitare avessero grande successo ed è il caso, celeberrimo, dell’opera prima di Enrico Brizzi nel cui sottotitolo è difficile non vedere la sua mano o comunque il suo avallo, Jack Frusciante è uscito dal gruppo. Una maestosa storia d’amore e di «rock parrocchiale», ’94, in realtà un esile romanzo stilnovista e però abitato da un sound postmodernista.

TROPPO SINGOLARE e imprendibile per fare scuola, Canalini lascia un segno preciso in non pochi editori, a partire dagli anconitani Marco Monina e Antonio Rizzo di peQuod e Valentina Conti di affinità elettive che gli è stata vicino fino all’ultimo e con lui ha collaborato a talune uscite di particolare pregio come l’album Donderoad. Gli scrittori di Mario Dondero (a cura di Angelo Ferracuti, Cattedrale 2008).
Cattedrale è appunto la griffe terminale delle sue edizioni. Si tratta con ogni evidenza di un omaggio a Raymond Carver, autore di culto della sua generazione e di quella successiva ma quel nome, e l’insegna del minimalismo che lo affligge, non deve tuttavia trarre in inganno perché Canalini non amava soggiacere ad alcuna poetica e molto più che a Carver, semmai, poteva sentirsi vicino a un Gordon Lish che di Carver fu l’editor tutt’altro che docile. Infatti capitava che Massimo ora mandasse immacolati in tipografia i manoscritti ricevuti ora invece intervenisse di suo pugno, previo accordo con il firmatario. A chi invece gli chiedeva in privato quali fossero i libri che, per così dire, avesse riscritti da cima a fondo rispondeva murandosi dietro il sorriso sardonico di sempre, un sorriso che in effetti traboccava di curiosità per gli esseri umani e le parole che costoro lasciano scritte: sul serio un sorriso speciale.

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