Callimaco, non a caso. Il protagonista prende il nome dal poeta di Cirene, bibliografo ante litteram a cui si deve la sistemazione della Biblioteca di Alessandria durante il terzo secolo a.C. Con le dovute differenze Massimo Bubola prova a fare altrettanto in Sognai talmente forte (Mondadori), raccogliendo frammenti di testi sparsi tra il fiume Sand Creek e il cielo d’Irlanda. È proprio il vecchio Callimaco a sistemarlinel suo ultimo racconto, rievocando la propria infanzia di servo pastore, la figlia Teresa dagli occhi secchi, l’Hotel Supramonte e gli indiani vittime delle milizie di Chivington. Le lacrime più piccole, le lacrime più grosse. Personaggi, trame e scene già note per voce di De André, compagno di scrittura notturna del Bubola che ora le ripensa in prosa: romanzo, si legge subito sotto il titolo, a fugare ogni dubbio. Non la classica «storia dietro le canzoni», piuttosto le canzoni dietro la storia. «Perché continui a canticchiare sul letto di morte? » chiede a Callimaco suo nipote. «Tutto quello che rammento della mia vita — gli risponde l’anziano — è una lunga, vecchia e inzaccherata canzone d’amore. Le canzoni non si dimenticano mai, e mai loro si dimenticano di te».