Massimiliano Civica, pubblico e gruppi esclusi dal confronto
Intervista Il regista parla degli scioperi indetti dal sindacato indipendente Libersind che stanno bloccando in questi giorni il Teatro India di Roma. Sospeso anche il debutto del suo «Antigone»
Intervista Il regista parla degli scioperi indetti dal sindacato indipendente Libersind che stanno bloccando in questi giorni il Teatro India di Roma. Sospeso anche il debutto del suo «Antigone»
Dall’8 giugno gli spettacoli previsti al Teatro India di Roma vengono annullati a causa di uno sciopero del reparto tecnico, organizzato nel sindacato indipendente Libersind. I lavoratori lamentano le carenti condizioni di sicurezza e la mancata nomina del direttore generale, posizione vacante da febbraio del 2020. Una situazione piuttosto intricata e condizionata dagli schieramenti politici a proposito della quale anche il regista ed ex direttore del Teatro di Roma Mario Martone era intervenuto su queste pagine lo scorso ottobre, ma che da allora non ha trovato alcuna risoluzione. Abbiamo parlato con Massimiliano Civica, la cui versione dell’Antigone sarebbe dovuta andare in scena in questi giorni all’India come allo spettacolo Sonora Desert di Muta Imago.
Nel comunicato diffuso dalla vostra compagnia sul mancato debutto, fate riferimento al fatto che, così come bisogna difendere il diritto di sciopero, così c’è il rischio di mettere in discussione i diritti di altri lavoratori dello spettacolo.
Quando un sindacato chiama uno sciopero va sempre rispettato, è un sacrosanto diritto. L’8 e il 9 giugno è stato comunicato lo sciopero in mattinata, per cui la nostra compagnia non ha lavorato. La mattina del 10, quando avremmo dovuto debuttare, non era stato dichiarato nulla e quindi abbiamo fatto il montaggio e la prova generale prima di pranzo, con temperature caldissime visto che lo spettacolo era previsto all’aperto. I nostri tecnici hanno montato sotto il sole, gli attori si sono dovuti fermare diverse volte. Tutto questo per arrivare preparati all’incontro col pubblico, che poi non è avvenuto per l’indizione dello sciopero nel pomeriggio. Quello che ci siamo permessi di dire nel comunicato è stato che, fatto salvo il diritto di sciopero, ci è parso curioso che in una mobilitazione che si appellava alla sicurezza e alla salute sul lavoro la nostra compagnia fosse stata messa in una condizione di grande difficoltà. Ci dispiace poi che dopo un anno e mezzo di chiusure per la pandemia quando si potrebbe incontrare il pubblico questo momento viene negato.
Proprio il pubblico sembra non essere considerato in questa situazione.
Dai comunicati di Libersind e da quello che definirei un atteggiamento di attesa da parte del Teatro di Roma, ad uscirne danneggiati sono gli spettatori le cui prenotazioni sono spostate giorno per giorno. Credo che tanto il pubblico quanto noi lavoratori della compagnia non veniamo considerati nel confronto in atto, rimanendo all’oscuro. Ogni giorno ci prepariamo per andare in scena ma questo non accade, una situazione frustrante.
Alla base dell’«Antigone» c’è una nuova traduzione, come hai operato?
Ci ho lavorato due anni. Scontrandomi con alcuni punti poco chiari ho approfondito gli eventi storici nell’Atene del V secolo scoprendo che la versione canonica – quella secondo cui Antigone è un’eroina dalla parte della ragione e Creonte un tiranno dalla parte del torto – non corrisponde al punto di vista greco. La tragedia è caratterizzata dalla mancanza di una soluzione perché è impossibile decidere chi sia dalla parte del giusto. Sofocle evidenzia le similitudini tra i due personaggi, entrambi orgogliosi e presuntuosi non ascoltano le ragioni dell’altro. Credo che il senso ricercato dall’autore sia quello del superamento dello scontro politico nel mostrare i pericoli che l’essere umano corre, la sua natura eccezionale rischia di spingerlo alla superbia.
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