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Maschio spretato e figlia lesbica, ma il grande sud accoglie tutti

Maschio spretato e figlia lesbica, ma il grande sud accoglie tuttiRocco Papaleo e Riccardo Scamarcio

Al cinema Il ritorno in leggerezza di Rocco Papaleo dopo Basilica Coast to Coast

Pubblicato circa 11 anni faEdizione del 17 ottobre 2013

È difficile riuscire a uscire dall’incubo del secondo film, soprattutto se la tua opera prima è stata un successo inaspettato. Così Rocco Papaleo mette subito le mani avanti, a tre anni e mezzo dal successo di Basilicata coast to coast e in conferenza stampa si lancia in un: «Del mio film potete pensare che è una cacata, ma la fotografia è bellissima». Anche questo suo secondo film da regista, «Una piccola impresa meridionale», è prodotto, come il primo, da Arturo Paglia e Isabella Cocuzza, produttori coraggiosi, e scritto, dallo stesso regista e da Valter Lupo. Diciamo subito che, come sostiene Papaleo, la fotografia di Fabio Zamarion, già responsabile delle luci di La migliore offerta di Giuseppe Tornatore, è bellissima, ma il film non è affatto una cacata. Come Checco Zalone, anche Rocco Papaleo pensa e sogna una commedia, di solito ambientata nel meridione, che tratti con leggerezza e ironia argomenti anche importanti per il paese, come l’omosessualità, l’integrazione, il superamento delle diversità. Ma non c’è niente di gridato, niente di aggressivo, tutto scivola nella realtà con una leggerezza invidiabile per questi anni così pesanti e indigesti.

Siamo in un paesino di un meridione indefinito, sulla costa sarda vicino a Oristano, in riva a un Mediterraneo bellissimo e materno. È lì che il prete spretato Don Costantino, Papaleo stesso, accoglie, in un grande palazzo diroccato sotto un faro, la sorella Rosa Maria, la Claudia Potenza di Basilicata, che si è innamorata di una ragazza dell’est, Valbona, la bella Sarah Felderbaum, la sorella di questa, Magnolia, Barbara Bobulova, che ha da poco lasciato il mestiere della mignotta, il marito cornuto della sorella, Arturo, Riccardo Scamarcio meno sciupafemmine del solito (anzi…).

A questi aggiungiamoci un buffo duo di muratori tuttofare, il napoletano Giovanni Esposito e lo stunt con voglie di western Giampiero Schiano, nonché la figlia del primo, Mela Esposito arriverà al faro anche la mamma di Don Costantino e Rosaspona, la grandissima Giuliana Lojodice, che, scoperta la doppia tragedia della sua famiglia, il maschio spretato e la figlia lesbica, per la vergogna («Figli di merda mi avete sputtanato») decide di vivere con lo stravagante gruppo di non-tradizionali. Se il viaggio e la musica erano il collante del precedente film di Papaleo, qua la musica resta, perché Scamarcio suona il piano, ma dietro di lui c’è Rita Marcotulli, e la Bobulova canta, ma il viaggio non esiste più. C’è solo il piacere di stare insieme, capirsi e lasciarsi scorrere la vita addosso. È un po’ la piccola filosofia del film e del duo Papaleo-Lupo. Per questo, anche se il film ha non pochi difetti, molte ingenuità, proprio quest’idea del prendere la vita con leggerezza seguendo i nostri desideri riempie i personaggi di una allegria contagiosa, che ci fa scordare le debolezze strutturali del racconto e della messa in scena.

E Papaleo fa un ottimo lavoro sugli attori. Chiudendo il suo personaggio in una maschera un po’ monocorde da narratore, fa però esplodere la forza di ogni attore con grande generosita’ per un attore-regista. Così se Giuliana Lojodice è una grande attrice del nostro teatro poco vista al cinema che qui diventa quasi una divinità della commedia, la Bobulova si rivela una comica intelligente e sensibile come in parte avevamo intuito in Scialla. Riccardo Scamarcio si muove con eleganza e grazia in un ruolo ingrato, Giovanni Esposito è una maschera eduardiana perfetta, e la coppia Potenza – Federbaum è assolutamente credibile, umana e sexy. Le risate e gli applausi sinceri che hanno accolto il film all’anteprima stampa, ne rivelano la grazia e l’originalità. I difetti ci sono, ma quella di Papaleo è una strada giusta e civile per la nostra commedia e Arturo Paglia è riuscito a mettergli in piedi un film ancora più solido e ricco del precedente con gran cura per ogni aspetto tecnico. Al pubblico non potrà che piacere.

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