Maschere ed eccessi, l’incompiuta danza della Trilogia dell’estasi
A teatro Al Maggio Musicale Fiorentino Roberto Zappalà propone la creazione che riscrive tre capolavori musicali e coreografici nati nell'alveo dei Balletti Russi di Diaghilev
A teatro Al Maggio Musicale Fiorentino Roberto Zappalà propone la creazione che riscrive tre capolavori musicali e coreografici nati nell'alveo dei Balletti Russi di Diaghilev
Alla testa di uno dei due soli CRID italiani istituiti dal Ministero della Cultura nel 2022 (Centri di Rilevante Interesse per la Danza), Roberto Zappalà dirige da ventidue anni Scenario Pubblico a Catania, spazio di riferimento per la danza contemporanea in Sicilia e non solo. Con la sua Compagnia Zappalà Danza ha presentato in prima assoluta al Teatro del Maggio Musicale Fiorentino (corposa tournée da settembre) Trilogia dell’estasi, creazione che riscrive tre capolavori musicali e coreografici nati nell’alveo dei Balletti Russi di Diaghilev d’inizio Novecento: L’après-midi d’un faune di Debussy/Nijinsky, Boléro di Ravel/Nijinska, Le Sacre du Printemps di Stravinsky/Nijinsky.
SFIDA non da poco. In gioco il confronto con il sofisticato erotismo del linguaggio di Nijinsky nel fauno, la totale riscrittura in chiave orgiastica della coreografia nata nel 1928 sull’ossessivo crescendo orchestrale del Boléro di Ravel, la scelta di farsi travolgere dall’ancestrale potenza del Sacre per mostrare lo stordimento di chi, senza discernimento, si muove in gregge. Una scelta che porta a uno spettacolo in cui i corpi ostentano una spasmodica sete di sesso e potere in cui l’estasi, nel suo significato più alto, è volutamente schiacciata dal gusto dell’eccesso fino al trash. Entriamo in qualche dettaglio. La sottile rappresentazione dell’orgasmo sul velo della ninfa che chiude nel 1912 il rivoluzionario Après-midi d’un faune di Nijinsky vede il novello fauno di Zappalà esprimere l’autoreferenziale eccitazione con una gestualità dal ritmo smaccatamente masturbatorio su un piccolo tappeto decorato affiancato sul pavimento da teschietti e circondato da figure in nero con mantelli e teste d’ariete.
Per il Boléro il riferimento scelto da Zappalà è la celebre scena dell’orgia del film di Kubrick Eyes Wide Shut. In scena danzatori mascherati e incappucciati che d’improvviso rivelano i corpi nudi sotto il mantello: i volti restano in maschera, ai piedi, maschi e femmine, hanno tacchi alti. La musica incalza su duetti in nudo alla ricerca di una introvabile passione. Colori sgargianti, abiti a strati per Le Sacre, il pezzo migliore. Non c’è nessuna Eletta da sacrificare, tutti si stravolgono in una coreografia che li accomuna nell’annullamento vorace del sé: l’immaginario parte da una festa viziata da fiumi di alcol e dosi di droga.
DI FRONTE agli occhi lo sbattimento di corpi a cui non è concessa soddisfazione tanto da finire tutti sotto una grande rete da pesca caduta dall’alto. I tre pezzi vivono in una stessa scenografia pop dove troneggia sullo sfondo la foto di una metropoli alla quale sono applicati in collage disegni e scritte. Le tre partiture sono intervallate da frammenti di una rintronante musica techno.
Forse la volontà che sta dietro all’operazione è spiattellare la vacuità della superficie? Danzatori ottimi.
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