Visioni

Mary Halvorson, chitarra e archi parlano una lingua comune

Mary Halvorson, chitarra e archi parlano una lingua comuneMary Halvorson – foto di Peter Gannushkin

Musica Pubblicato per Nonesuch il nuovo disco «Belladonna», cinque brani che dimostrano una decisa maturazione compositiva

Pubblicato circa 2 anni faEdizione del 1 ottobre 2022

L’incontro tra il jazz e quel particolare organico che è il quartetto d’archi ha una storia antica che si rinnova con costante frequenza. Rari sono i solisti che non abbiano voluto prima o poi misurarsi con esso e i risultati, buoni o meno, si sono sempre basati su una chiara divisione del lavoro: agli archi il compito di fare da sfondo e al solista quello di incarnare la figura. Insomma sostanzialmente due scritture e due ruoli separati per consentire al jazzista di spiccare il volo.
Adesso la chitarrista Mary Halvorson con il suo nuovo disco Belladonna (Nonesuch) propone invece una nuova modalità. Nato durante il lockdown che ha consentito a molti musicisti di avere tempo e concentrazione per immaginare e scrivere nuova musica, questo lavoro ci fa ascoltare la chitarra della Halvorson non davanti o sopra agli archi ma dentro di essi.
La musicista suona in consonanza o in opposizione, entra ed esce, si aggiunge alle linee sonore del quartetto oppure le fa esplodere con interventi spiazzanti.

LA MUSICA è robusta da un punto di vista ritmico, mai compiaciuta di sé. Pura magia come si ascolta di rado. Merito senz’altro anche della confidenza della musicista con il violino, suo primo strumento fino a quando, a undici anni, non le capitò di ascoltare Jimi Hendrix, evento che la fece decidere di passare alla chitarra elettrica. Halvorson, bostoniana di quarantadue anni, si è fatta conoscere nel giro dell’avanguardia come collaboratrice di Anthony Braxton, il guru dei musicisti intellettuali, e poi alla guida di proprie formazioni con le quali ha proposto una musica complessa, di grande rigore formale anche se a volte troppo concettuale.
A dispetto della sua immagine di ragazza sobria sfoggia uno stile chitarristico aggressivo, con ampio uso di effettistica, nel quale convergono la lezione del jazz moderno, pulsioni rock e blues, astrazione e provocazione. In questi cinque brani dimostra una decisa maturazione compositiva e una convinzione che fanno di questo lavoro un disco destinato a durare e ad influenzare anche gli anni a venire. Con lei il Mivos Quartet: Olivia De Prato (violino), Maya Bennardo (violino), Victor Lowrie Tafoya (viola) e Tyler J. Borden (violoncello). Il disco esce in contemporanea con Amarillys (Nonesuch), in pratica un disco gemello, nel quale il Mivos Quartet si aggiunge in tre delle sei composizioni al suo sestetto.

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