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Marvin Gaye, icona sexy che cambiò la black music

Marvin Gaye, icona sexy che cambiò la black music

Note sparse Esce «Volume Two», un box contenente 8 album incisi fra il 1966 e il 1970, lavori fondamentali nella maturazione di una delle figure portanti del soul

Pubblicato quasi 9 anni faEdizione del 2 dicembre 2015

Quando fu pubblicato Moods of Marvin Gaye nel maggio del 1966, lui non aveva ancora svelato tutte le sue carte migliori. Solo alcune. Tutti ricordano Marvin Gaye come il cantante dal timbro inconfondibile, il falsetto penetrante, bello, nero, alto, ingombrante perché la sua storia è costellata di depressioni ed eccessi. Primitivo e sofisticato allo stesso tempo, capace di flirtare come pochi con il pop adolescenziale, senza banalizzare. In realtà Gaye è stato molto di più. Un produttore, un arrangiatore, un fine intenditore di tutto l’universo soul e R&B.

In effetti la sua naturale capacità mimica, la prestanza fisica, l’abilità di entrare nel personaggio e rendere credibile l’arte del canto hanno contribuito a rendere la sua storia leggenda. Una carriera che si è nutrita di singoli di grande successo soprattutto nei ’60, e il disco in questione ne è la riprova. Addirittura la metà dei brani sono finiti nelle classifiche Usa, alcuni le hanno scalate, altri un po’ meno, quattro persino nella chart pop, quasi un eresia per un neroamericano in quegli anni. Il disco fa parte di una recente ripubblicazione cronologica dei suoi migliori album, raccolti in box mastodontici. Questa seconda uscita a tiratura limitata si intitola Volume Two, 1966-1970 e contiene gli 8 LP che produsse in quegli anni (pare che a breve uscirà anche l’edizione in cd). Quattro da solista e altrettanti realizzati in duetto, una delle geniali trovate del patron della Motown, Berry Gordy, suo amico prima, genero poi, e nemico negli anni successivi.

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Gordy stava ricercando una chiave di accesso per entrare nel mondo dei bianchi, qualcosa che potesse soddisfare i loro gusti e non tradire la tradizione dei noeroamericani, in anni molto delicati, quando cioè l’integrazione pur se non accettata andava digerita per legge. E una delle possibili vie fu quella di realizzare singoli e album a due voci, una maschile e una femminile.

Marvin si prestò all’operazione e il risultato, per certi versi, risultò convincente. Non tanto la sua collaborazione con Mary Wells e neanche con la cantante Kim Weston (nell’album Take Two inserito nel box), quanto nel connubio vincente con Tammi Terrell. Lei e Gaye insieme incisero pagine indimenticabili, in lavori come United, You’re All I Need e Easy, anche se quest’ultimo in particolare non è molto fedele: diverse parti inizialmente pensate per la Terrell furono eseguite principalmente da Valerie Simpson perché la Terrell era malata e costretta a letto. Tra i successi dei due, dietro ai quali c’era la firma e il marchio della coppia – anche nella vita – Nicolas Ashford e Valerie Simpson, vanno ricordati Ain’t No Mountain High Enough e Ain’t Nothing Like The Real Thing. 

A Marvin e a Tammi si deve anche una delle storie più commoventi del periodo. Un legame profondo di amicizia li legava, e quando il 14 ottobre 1967 la cantante ebbe un collasso (i prodromi di un male incurabile che la portò alla tomba ad appena 24 anni) cadendo tra le braccia di Gaye durante un concerto alla Hampton University in Virginia, l’uomo ne fu scosso profondamente. Fu un colpo durissimo, soprattutto durante i lunghi mesi di malattia e poi dopo la morte, sembrava essersi perso, travolto dalla depressione. Eppure proprio allora realizzò una delle sue hit più importanti di sempre, I Heard It Through The Grapevine (già precedentemente incisa da altri interpreti) che aprì un nuovo corso nella sua carriera.

Non solo economicamente e commercialmente, persino nel Regno Unito iniziarono ad accorgersi di lui, ma anche perché riuscì a scrollarsi di dosso l’appellativo di Love Man: l’interprete raffinato e romantico. Il mondo non è più lo stesso, il Vietnam entrava nelle case degli americani (il fratello di Marvin venne chiamato alle armi) e così anche Gaye sente di dovere cambiare registro. Il singolo vende 4 milioni di copie, l’album In the groove in cui è inserito (e che troviamo e nel box) funziona benissimo e genera ristampe su ristampe. Grazie a I Heard It…, Gaye non è più solo icona sexy o miglior epigone di Nat King Cole, come voleva inizialmente Gordy. Ora è pronto per l’ulteriore passo in avanti che arriverà di lì a poco: What’s Going On, una pietra miliare.

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