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Martella: «Il contributo all’editoria è un obbligo per lo stato»

Martella: «Il contributo all’editoria è un obbligo per lo stato»

Il sottosegretario all'editoria in audizione alla camera: il taglio ai finanziamenti pubblici sarà sospeso in legge di bilancio per avere il tempo di presentare una riforma organica del settore. Il caso di una mozione approvata ieri all'unanimità

Pubblicato circa 5 anni faEdizione del 30 ottobre 2019

«Un solido sistema di sostegno diretto e indiretto all’editoria». È l’impegno che il sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega all’editoria Andrea Martella ha preso ieri davanti alla settima commissione della camera. Intervenuto per l’audizione sulle linee programmatiche dell’attività di governo, Martella è partito da una dichiarazione di intenti: la difesa del pluralismo informativo. «È il pluralismo dell’informazione ad assicurare la formazione di un’opinione pubblica libera e criticamente fondata – ha detto – dunque a garantire le condizioni per il mantenimento dell’ordinamento democratico». L’intervento pubblico a sostegno del sistema dell’informazione, allora, «non solo è giustificato, ma addirittura imposto al legislatore per il rispetto del pluralismo».

Martella ha citato più volte la sentenza 206 della Corte costituzionale depositata a fine luglio scorso. Una sentenza che ha ritenuto inammissibile la questione posta da un editore di Catania che lamentava il taglio dei contributi pubblici, ma che ha raccomandato al legislatore di dare certezze nei contributi. Per superare la «incoerenza interna dovuta a scelte normative che prima creano aspettative e poi autorizzano a negarle». Dunque il sottosegretario ha spiegato che è indispensabile rendere «certo e adeguato» il finanziamento pubblico attraverso lo stanziamento di risorse «stabili e dimensionate sugli obiettivi e i valori costituzionalmente protetti». Al contrario, l’ultima legge di bilancio ha introdotto un taglio progressivo dei contributi destinati agli editori in cooperativa o senza fini di lucro (come noi del manifesto), dal 20% nel 2019 fino alla totale cancellazione del contributo nel 2022. Martella ieri ha annunciato che nella legge di bilancio 2020 sarà previsto il differimento di un anno di questi termini per «ridisegnare, in tempi ragionevoli, il sistema di sostegno, all’esito di un confronto con il parlamento e tutti i soggetti coinvolti. L’obiettivo – ha detto – è quello di dare stabilità e certezza alla contribuzione diretta, una forma di sostegno presente in tutti i principali paesi, che in linea con i recenti pronunciamenti della Corte costituzionale deve essere mantenuta».

Il deputato dei 5 Stelle in commissione, Paolo Lattanzio, rappresentante del Movimento che con l’ex sottosegretario Crimi aveva fatto del taglio dei contributi una bandiera, non ha sollevato obiezioni. Successivamente in una nota ha detto che «come abbiamo sempre sostenuto è fondamentale garantire un pluralismo dell’informazione che metta al primo posto la qualità piuttosto che la quantità». Del resto proprio eri mattina l’aula di Montecitorio ha approvato all’unanimità una mozione di sostegno alle libere professioni presentata da Forza Italia che al punto 25 impegna il governo «ad adottare iniziative per reintrodurre già con il disegno di legge di bilancio per il 2020 i contributi diretti a favore delle imprese editrici di quotidiani e periodici». Il sottosegretario alla giustizia Ferraresi, 5 Stelle, nel dare parere favorevole ha proposto una riformulazione nella parte della mozione dedicata alle tutele per i giornalisti, ma ha salvato l’impegno sui fondi per l’editoria.

Tutto però è avvenuto in forma orale e, paradossalmente, solo oggi con i verbali scritti i deputati capiranno bene cosa hanno votato.
Intanto il sottosegretario Martella ha fornito molte altre indicazioni sui suoi impegni, nell’attesa di quella «riforma organica del settore» che manca da 38 anni. Ha detto che una quota del 5% della digital tax entro 20 milioni l’anno sarà destinata strutturalmente al fondo per il pluralismo. Ha promesso attenzione ai problemi delle agenzie di stampa per le quali «la competizione aperta» nella sottoscrizione di contratti con lo stato «non è il modello ideale» per tutelare il pluralismo. Non ha dimenticato il rinnovo delle agevolazioni postali, l’impegno per l’equo compenso – «reinsedierò la commissione» – e il salvataggio dell’Inpgi «rilevante ai fini dell’indipendenza della professione giornalistica».

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