Marmo insanguinato, muore operaio
Omicidi bianchi Carlo Morelli, precario sessantenne, schiacciato da alcune lastre in segheria, a nemmeno un mese dalla doppia tragedia costata la vita ai cavatori Roberto Ricci e Federico Benedetti. Negli ultimi anni dieci morti e 1.258 infortuni nel comparto, da agosto ben sei le vittime.
Omicidi bianchi Carlo Morelli, precario sessantenne, schiacciato da alcune lastre in segheria, a nemmeno un mese dalla doppia tragedia costata la vita ai cavatori Roberto Ricci e Federico Benedetti. Negli ultimi anni dieci morti e 1.258 infortuni nel comparto, da agosto ben sei le vittime.
Altre famiglie annientate dal dolore, altri funerali, altri scioperi. Un nuovo omicidio bianco, a nemmeno un mese dalla doppia tragedia costata la vita ai due cavatori Roberto Ricci e Federico Benedetti, di 54 e 46 anni, travolti da un costone franato a Colonnata. Questa volta la morte è tornata a far visita alle segherie, dove si plasmano i blocchi di marmo estratti dalle viscere delle Apuane. A perdere la vita un lavoratore – interinale – di oltre 60 anni, Carlo Morelli, di Carrara, schiacciato da alcune lastre cadute mentre, secondo la prima ricostruzione, l’operaio stava spostandole con un carrello.
Il segretario provinciale della Cgil, Paolo Gozzani, offre una prima chiave di lettura della tragedia: “Ci sono diversi ordini di problemi. Il primo riguarda la sicurezza. Anche se non possiamo essere certi della dinamica dell’incidente, si sono staccate delle lastre di marmo che avrebbero dovuto essere legate con una cinghia. Forse la cinghia si è rotta, o forse erano state legate troppo lente. Io spero che Morelli non fosse solo nelle manovre di movimentazione del carrello che trasporta le lastre, questo lo accerterà la magistratura”. Che ha aperto l’ennesima inchiesta.
Gozzani prosegue: “C’è anche un problema di competenze. Mi chiedo: può un lavoratore interinale avere certe mansioni? Noi crediamo che certi tipi di lavorazione debbano essere eseguite da operai assunti e garantiti: un lavoratore interinale, con poche garanzie e la paura di essere sostituito, non dovrebbe avere certe responsabilità in un cantiere”. Eppure Morelli lavorava nel marmo da almeno trent’anni. Ma era diventato precario quando la sua vecchia ditta aveva chiuso, nel 2012, lasciandolo con una moglie a carico, una figlia, e anche un nipotino.
Negli ultimi tempi l’operaio aveva trovato lavoro nella coop Co.Se.Luc, segheria di marmo nella zona industriale di Massa. Lì dove la sua vita si è spenta, nonostante il prodigarsi dei compagni nei primi soccorsi, e un disperato tentativo di rianimarlo in ospedale. L’eco dell’incidente è rimbalzato in tutto il comprensorio, i lavoratori dal marmo – dalle cave alle segherie – si sono fermati, e si fermeranno ancora nel giorno dei funerali. In un agghiacciante replay di quanto accaduto tre settimane fa.
Negli ultimi anni nel settore lapideo delle Apuane ci sono stati dieci morti e 1.258 infortuni, in media un incidente ogni due giorni. Da agosto le vittime nel comparto sono state addirittura sei. Quasi un morto al mese. E nelle segherie l’ultimo lutto risale appena al dicembre scorso. Alla Fillea Cgil, come alla Filca Cisl e alle Feneal Uil, tirano le somme: “Un altro inaccettabile episodio di una mattanza che è ripresa, in un settore che è fra i pochi a segnare indici di crescita”. Mentre Roberto Venturini, della Fillea locale, puntualizza: “Il settore del marmo è in salute, le aziende estrattive stanno aumentando il fatturato: cosa volete che interessi una multa da 10-20mila euro per carenze nella sicurezza, se guadagnano milioni?”. Per giunta, causa legge Fornero, i lavoratori delle cave di marmo a cielo aperto sono stati esclusi dai lavori usuranti, con l’allungamento dell’età pensionabile fino a 66 anni. Figuriamoci quelli delle segherie.
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