Tutti in bici a piazza del Plebiscito per la firma del foglio gara e poi verso il lungomare Caracciolo per il via al Giro d’Italia, partito ieri da Napoli. Trenta gradi e un sole splendente, folla entusiasta lungo il percorso e scugnizzi a fare il bagno sugli scogli, una salitella verso Posillipo e poi finale per velocisti, la corsa in rosa prende il via all’ombra del Vesuvio come 50 anni fa. Il bianco e nero del 1963 ci rimanda l’immagine del Maschio Angioino e Vittorio Adorni vincitore sul finale a Potenza. La 96esima edizione della classica tricolore «debutta» nella capitale del meridione e finisce a Brescia, in terra leghista, il 26 maggio.
Sei favoriti a darsi battaglia: il velocista Mark Cavendish (soprannominato Cannonball), Bradley Wiggins (vincitore del Tour 2012), l’azzurro Vincenzo Nibali (reduce dai successi nella Tirreno-Adriatico e Giro del Trentino), il canadese Ryder Hesjedal (che parte in maglia rosa grazie alla vittoria finale l’anno scorso), Michele Scarponi e Cadel Evans, conquistatore del Tour de France 2011. «Morale a pezzi» per Ivan Basso, escluso all’ultimo minuto per una cisti che gli impedisce di stare in sella. Il gruppo dei paesi partecipanti si è allargato con le new entry del greco Ioannis Tamouridis e del cinese Ji Cheng. Sono 207 i corridori in gara, nessuno avrà il numero 108, quello che indossava Weylandt nel 2011 quando perse la vita, ritirato in suo ricordo dagli organizzatori.
Anche nel 1996 ci fu l’arrivo a Napoli, una folla immensa a osannare il vincitore di giornata Mario Cipollini, ora nella polvere per l’ennesimo scandalo doping. Una tappa breve quella di ieri, 130 chilometri in tutto: il primo circuito si arrampica per quattro volte sulla collina di Posillipo (due Gran premi della montagna, entrambi di quarta categoria), persino un accenno di pavé, e poi di corsa per otto volte nel circuito in piano sul lungomare, con arrivo sprint sul rettilineo di via Caracciolo. Un percorso senza grandi insidie eppure si susseguono le cadute, la colpa però non è delle buche che contrappuntano le strade napoletane. Lungo le vie del giro si vola sull’asfalto sistemato per l’occasione, resta qualche problema di aderenza e un po’ di brecciolino, a cui si aggiungono le distrazioni che arrivano dal tifo degli appassionati e dal panorama mozzafiato: da via Petrarca a Castel dell’Ovo, passando per la spiaggetta che i napoletani, con una dose di ironia, chiamano Lido Mappatella.
Partenza via, Cameron Wurf va in fuga dal primo chilometro, il gruppo lo lascia andare limitandosi a controllare la gara, ma a 30 chilometri dalla fine il distacco si riduce a 2 minuti e alle sue spalle spunta proprio Cavendish, seguito a ruota da Matthew Goss, dal giovane francese Nacer Bouhanni e dall’italiano Elia Viviani. A 20 chilometri la fuga è finita e si annuncia un arrivo in volata. Era dalla tappa di Lecce del 2003, vinta da Petacchi su Cipollini, che mancava un epilogo così. La selezione per l’ultimo sprint la fa una caduta che spacca il gruppo, lasciando Mattia Gavazzi e Francesco Chicci fuori dai giochi. Sono gli uomini del Team Orica a lanciare Goss (poi finito quinto), sembra però spuntarla Viviani ma Cavendish imprime una forza impetuosa al pedale, copre il gap lasciato da un gregario bloccato dal salto di catena, e arriva alle spalle come un missile portando a casa la prima maglia rosa. [do action=”citazione”]Per il corridore britannico della Omega Pharma-Quick Step è la vittoria numero 11 al Giro, terzo il giovane campione di Francia Bouhanni.[/do]
L’inquadratura sulla linea del finish racconta di un Viviani che batte i pugni sul manubrio per la rabbia e il rammarico («È la prima di tante volate – commenta a caldo l’italiano – mi preparo per la prossima»), di Cannonball Cavendish che rimonta cinque posizioni in una manciata di secondi e batte tutti: «Non è stato facile, c’erano tante curve, troppo caldo per un inglese, ma la squadra ha fatto un lavoro perfetto». Favorito per la vittoria finale resta il Team Sky di Bradley Wiggins, che indica in Nibali il suo principale avversario: «È il più bravo sulle salite ripide e nella velocità, è quello che è cresciuto di più». Oggi si fa tappa a Ischia e poi nel Cilento prima di lasciare la Campania.