Il fermo immagine elaborato da Mario Perrotta quale tributo al centenario di Italo Calvino, andato in scena al milanese teatro Carcano col titolo s/Calvino o della libertà, è un flash di impervi saliscendi, uno sciabordio notturno che si illumina di continui campi e controcampi, frutto di un lungo lavoro scandito da varie tappe di avvicinamento. Sono le pagine di Calvino ma sono sopratutto le riflessioni, incalzanti e sofferte, che Perrotta, partendo dalla Giornata d’uno scrutatore, insegue sul toboga di cosa significa oggi la parola libertà.

La redazione consiglia:
Una giornata seguendo «Versoterra» le vite e le storie dei migrantiOGGI che, seppur in tempi di post pandemia, segregazione, isolamento, costrizione, solitudine non mollano la presa. Sgorga potente dalla voce di Jimmy Fontana (quel Mondo 1965 in pieno boom economico a far da eco alle Cosmicomiche appena uscito per Einaudi) con effetti stereofonici da esorcista incantatore, lì sullo sgabello al centro della scena, un trespolo girevole da cui si intravede il nido del cuculo prima di affrontare le dissonanze schizofreniche di un Nelo Risi o i depistaggi claustrofobici di un Silvano Agosti. Spostando l’asse di gravità narrativa dalla sempre verde aura di leggerezza che circonda Calvino, assaporando il gusto di un fraseggio ritmico e rimato che profuma di «oulipo», fino a farsi jam session in salsa rap trap, Perrotta con quella «esse» smagnetizza e smantella la vulgata sintesi dell’universo calviniano, apre il cuore di tenebra del suo protagonista, l’innocente «nano» prigioniero al Cottolengo, e sprofonda con estro da balera, guitto pirotecnico, nel delirium tremens di una inadeguatezza esistenziale che tutti ci travolge. Inadeguatezza che però non appartiene all’interprete Perrotta, implacabile, crepuscolare, coinvolgente. Ottanta minuti di esercizi di stile che solfeggiano il concerto del nostro sconcerto. In tournée.