Maria Baroncini, una vita al servizio della militanza comunista
Scaffale «Memorie degli anni difficili», una biografia a cura di Maria Luisa Righi, per Lithos
Scaffale «Memorie degli anni difficili», una biografia a cura di Maria Luisa Righi, per Lithos
A scrivere della sua vita, Maria Baroncini era stata sollecitata da Enrico Berlinguer, in una stagione ricca di memorialistica sulla lotta partigiana, sull’esperienza del confino, sull’antifascismo militante. Ma quando il testo fu pronto, Baroncini quasi ottantenne fu assurdamente uccisa in casa da un nipote eroinomane nel corso di una rapina. Dopo trentacinque anni, per la cura di Maria Luisa Righi, vede finalmente la luce Memorie degli anni difficili (Lithos, pp.144, euro 12), accompagnato da una prefazione di Rosanna De Longis, un ricordo di Vinca Berti e impreziosito da una presentazione di Camilla Ravera, anch’essa pronta per le stampe da quel lontano 1982.
UNA VITA SPESA al servizio della militanza comunista, quella di Maria Baroncini, a partire dalla Imola del 1919 fino alla clandestinità, ai lunghi anni del confino fra Ustica, Ponza e Ventotene, attraverso soggiorni a Mosca, Parigi, Bruxelles, accanto al marito Giuseppe Berti prima, e insieme a Mauro Scoccimarro, suo secondo compagno di vita, poi. Baroncini compie una ricostruzione faticosa e selettiva delle sue variegate esperienze, che l’intervento non invadente ma necessario di Luisa Righi riconduce a storia. Lo scarto tra la memoria e la storia documentata è spesso fatto di omissioni dei momenti più dolorosi, o di particolari privati che la disciplina politica fattasi seconda natura porta a tenere in sordina, a vantaggio del racconto pubblico, politico. Un’etica della responsabilità che traspare nelle Memorie degli anni difficili come inclinazione individuale ma anche come costume di comunità, senza però riuscire a impedire che sentimenti, emozioni, paure restino del tutto nascosti dietro la grande storia.
Da Amadeo Bordiga a Giorgio Amendola, da Giuseppe Di Vittorio a Palmiro Togliatti, da Emilio Lussu a Alessandro Pertini sono tanti i nomi di personaggi di primo piano della storia del Novecento antifascista che compaiono nel libro, tanti gli incontri di Baroncini, tante le vicende che si intrecciano lungo il cammino pericoloso di questa donna che, pur non essendo una protagonista, ha conosciuto da vicino momenti e circostanze importanti, e non ha esitato a mettere a rischio la propria vita e la propria libertà per la causa comune. Tanti gli incarichi svolti: segretaria, corriere, collaboratrice della stampa di partito, dirigente locale. Passione e senso del dovere si fondono in questa partigiana che chiacchierava di politica e di storia con Altiero Spinelli a Chiaia Luna.
Maria Baroncini, separata dalla figlia Vinca per tanti anni, vissuta fra mille difficoltà e privazioni, racconta il confino prima di tutto come un’esperienza di condivisione, nella quale la speranza di superare il fascismo diventa pratica politica collettiva, attraverso la formazione e lo studio a cui i confinati si dedicano per preparare i quadri politici della futura Italia liberata.
MOLTO SIGNIFICATIVE le relazioni di amicizia e solidarietà con le altre donne confinate, o mogli di confinati, da Adele Bei a Camilla Ravera, solo per citarne due fra le più note; ma Baroncini le ricorda tutte, tutte le nomina con affetto e gratitudine, come parti di una famiglia allargata, lei che nella sua famiglia aveva sempre respirato lotta politica, con un padre e una sorella anch’essi confinati per la loro militanza antifascista.
È un libro delicato e intenso, di un pudore che si apre a volte con squarci inattesi, con rivelazioni sorprendenti. Un libro d’altri tempi, una testimonianza di impegno civile necessarissima nell’oggi.
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