Il proliferare nel mare delle reti fantasma sta provocando un enorme danno all’habitat e alle specie animali che vi vivono. Si tratta di resti di reti da pesca abbandonate, molto spesso accidentalmente, che rimangono invisibili, da qui fantasma, sui fondali, causando la morte di pesci, crostacei ma anche di tartarughe, cetacei che ne rimangano intrappolati. Ma la pericolosità non si ferma qui. La loro presenza ha un effetto sull’alterazione dell’ecosistema dei fondali marini causando danni a spugne e coralli e con il tempo sminuzzandosi le reti rilasciano microplastiche che vengono ingerite dai pesci andando poi a finire nella catena alimentare. Un grave problema che accomuna mari e oceani di tutto il mondo.

NEL 2020, CON L’OPERAZIONE Reti fantasma, che ha visto impegnati i nuclei subacquei della Guardia Costiera lungo l’intera fascia costiera nazionale, ne sono state raccolte oltre sette tonnellate, pari a circa 240 mila bottiglie di plastica. Nel Mediterraneo, poi, gli attrezzi da pesca rappresentano addirittura la maggior parte dei rifiuti marini registrati, con cifre che raggiungono anche l’80 per cento del totale.

PER CONTRASTARE IL FENOMENO delle reti fantasma il 24 maggio scorso nell’Isola di Giannutri (Grosseto), la più a sud del Parco Nazionale Arcipelago Toscano (che comprende anche altre sei isole: Gorgona, Capraia, Elba, Pianosa, Montecristo e Giglio), si è svolta l’Operazione Mare Libero, promossa da pasta Agnesi con il coordinamento scientifico del Parco Nazionale Arcipelago Toscano (www.islepark.it) e il patrocinio del Comune dell’Isola del Giglio. I fondali di questa isola minacciati dalle reti fantasma racchiudono una grandissima biodiversità grazie alla presenza di importanti estensioni di praterie di Posidonia, ma anche a particolari condizioni della costa caratterizzate da scogliere coralline e grotte sommerse e semi sommerse in grado di ospitare diverse specie e habitat di notevole valore.

«LA PRESENZA DI RETI FANTASMA e di attrezzature da pesca abbandonate sui fondali e nelle scogliere dei nostri mari – ha spiegato Giampiero Sammuri, presidente del Parco Nazionale – è un problema particolarmente rilevante. Sappiamo i danni che provocano all’ittiofauna e conosciamo la necessità di attuare un monitoraggio costante a salvaguardia dell’ambiente marino. Per questi motivi siamo felici di aver partecipato all’Operazione Mare Libero. E aver scelto di realizzare il primo intervento in occasione della Giornata europea dei parchi è stata un’ulteriore occasione per enfatizzare l’attenzione e la cura necessarie per tutelare le aree protette in quanto straordinari contenitori di biodiversità».

IL TRATTO DI MARE INDIVIDUATO per l’operazione era situato in piena zona 1 dell’area a mare dell’isola di Giannutri, uno dei settori di massima tutela che ha la funzione di conservazione e accrescimento della biodiversità marina e che fa parte della Riserva della Biosfera Mab Unesco Isole di Toscana, e del Santuario Internazionale per la protezione dei mammiferi marini Pelagos, una zona internazionale creata nel 1999 per proteggere 87.500 chilometri quadrati del Mediterraneo di estrema importanza per la conservazione di queste specie.

L’OPERAZIONE DI RECUPERO ERA STATA preceduta a inizio maggio da un sopralluogo effettuato da un gruppo di subacquei e biologi, coordinati dal Parco Nazionale, per mappare la presenza delle reti fantasma intorno all’Isola di Giannutri catalogandone lo stato. «In seguito abbiamo individuato quelle che potevano essere tolte senza creare problemi al substrato del coralligeno o alle scogliere», afferma Maurizio Burlando, direttore del Parco Nazionale Arcipelago Toscano. «Questa prima fase è estremamente importante perché talvolta queste reti possono essere diventate parte dell’ecosistema permettendo, di fatto, l’attecchimento di alcune specie».

LA FASE OPERATIVA DELL’OPERAZIONE Mare Libero ha visto i sub giungere nelle acque della zona 1 posta di fronte all’Isola di Giannutri a bordo di un peschereccio e immergersi a una profondità compresa tra i 10 e i 20 metri. Una volta giunti nei fondali hanno tagliato alcuni tratti delle reti facendole poi riemergere con un sistema di palloni, in seguito le hanno portate a bordo di un peschereccio e poi smaltite. A fine giornata sono state recuperate circa 200 chilogrammi di reti fantasma e sono stati liberati, ancora vivi, crostacei e piccoli pesci e un grande astice blu divenuto il simbolo di questa prima giornata dell’Operazione Mare Libero. Prossimamente verranno recuperati gli oltre 1.200 metri di attrezzi da pesca abbandonati sui fondali nei sette siti censiti intorno all’Isola di Giannutri.

«L’OPERAZIONE DI RECUPERO DELLE RETI disperse condotta assieme al Parco Nazionale Arcipelago Toscano è un tassello centrale del nostro impegno verso la salvaguardia del mare», ha ricordato Massimo Crippa, direttore commerciale del Gruppo Colussi, che ha eliminato la plastica dal packaging sostituendola con bioplastica compostabile proveniente da residui vegetali. «Lavoriamo quindi da una parte per evitare la creazione di rifiuti plastici, i più impattanti se dispersi nell’ambiente, dall’altra, vogliamo dare una mano a sanare una situazione di crisi ambientale che diventa ogni giorno più difficile da fronteggiare».

QUESTO È UN ALTRO PEZZETTO DELL’AZIONE costante intrapresa nell’arcipelago toscano per la salvaguardia della biodiversità, e non solo di quella marina. «Il buono stato di salute del Parco lo dimostrano anche il ritorno nel 2020, dopo ben 60 anni, della foca monaca nell’Isola di Capraia e nel 2021 la prima nidificazione nell’Arcipelago Toscano, sempre a Capraia, del Falco pescatore dopo 90 anni di assenza», spiega Maurizio Burlando, direttore del Parco Nazionale.

«UN GROSSO PROBLEMA INVECE È QUELLO delle specie aliene, non presenti in passato e introdotte nell’Arcipelago dall’uomo in maniera volontaria, o involontaria, in seguito ai cambiamenti climatici. Nelle nostre acque assistiamo a un aumento di specie aliene invasive provenienti dai mari caldi, attraverso il Canale di Suez, che sono entrate nel mar Mediterraneo come, per esempio, la bavosa africana o il pesce palla. Sempre in tema di contrasto delle specie aliene, nell’Isola di Montecristo e di Pianosa l’Ente Parco è intervenuto per l’eradicazione del ratto introdotto involontariamente dall’uomo». La presenza di questo animale a Montecristo, prosegue Burlando, «aveva ridotto drasticamente il tasso di riproduzione della Berta minore, una specie importante per quest’area. Dopo l’eradicazione il successo riproduttivo ha abbondantemente oltrepassato il 90 per cento».