ExtraTerrestre

Mare libero e concessioni balneari

Tratti di litorale illegalmente chiusi da cancelli, spiagge libere scomparse, canoni irrisori: la privatizzazione delle spiagge passa anche attraverso la vicenda delle concessioni balneari, uno dei tanti scandali nazionali, caratterizzato […]

Pubblicato 11 mesi faEdizione del 21 dicembre 2023

Tratti di litorale illegalmente chiusi da cancelli, spiagge libere scomparse, canoni irrisori: la privatizzazione delle spiagge passa anche attraverso la vicenda delle concessioni balneari, uno dei tanti scandali nazionali, caratterizzato da un lungo braccio di ferro tra il nostro Paese e l’Unione Europea. Come si è evidenziato nella Conferenza per il Mare Libero organizzata a Viareggio lo scorso 16 dicembre, la politica, per tutelare pochi fortunati, continua a sacrificare un bene comune, rinunciando ad entrate per le casse dello Stato ed esponendo il Paese ad una procedura di infrazione già avviata.

La maggior parte delle forze politiche succedutesi al governo negli ultimi 15 anni, infatti, al fine di garantire gli interessi degli attuali titolari, non ha fatto altro che prevedere proroghe su proroghe, aggirando così la Direttiva 2006/123 «Servizi» che, in nome della libera concorrenza, impone la messa a gara delle concessioni balneari. La Commissione Europea ha più volte richiamato l’Italia: da ultimo, con un parere motivato del 16 novembre 2023, ha evidenziato come queste proroghe, eludendo l’obbligo di gara, scoraggino l’ingresso di nuovi fornitori di servizi, creino incertezza giuridica anche per gli attuali concessionari e favoriscano il contenzioso.

Concetti ribaditi in due sentenze del Consiglio di Stato del 2021 (la n. 17 e la n. 18) e persino dal Presidente della Repubblica Mattarella che, al momento di controfirmare una legge con l’ennesima proroga, ha espresso perplessità, sottolineando come il contrasto con il diritto europeo rende tale norma inapplicabile. Tutto ciò, però, non ha fermato il legislatore italiano che nel 2022 ha tentato di estendere la validità delle attuali concessioni balneari al 31 dicembre 2024 (da cui l’ultimo parere della Commissione di novembre) e, potenzialmente, per un periodo indefinito oltre tale data, impedendo l’emanazione di bandi di gara sino all’adozione di decreti legislativi sulla materia.

Lo Stato italiano, per dimostrare che non c’è scarsità di risorse naturali (e quindi che non vi sia l’obbligo di gara), ha affidato una mappatura del litorale e del demanio costiero-marino ad un tavolo interministeriale presso la Presidenza del Consiglio dei ministri al quale – guarda caso! – sono stati chiamati a partecipare i rappresentanti delle associazioni dei balneari, ma sono stati esclusi i portatori di interessi generali (associazioni ambientaliste o di consumatori). Chiaramente ne è uscito un quadro idilliaco da cui risulterebbe come solo il 33% del litorale sia occupato da concessioni balneari. Dato ottenuto considerando tra le aree disponibili anche quelle rocciose e con minore accessibilità per condizioni naturali, le aree industriali e quelle con impianti energetici, i parchi e le riserve naturali. Tutte aree che si sarebbero dovute escludere, perché, come sottolineato dal Consiglio di Stato, nel calcolo si dovrebbe tener conto non solo della «quantità» del bene disponibile, ma anche dei suoi aspetti qualitativi. Il quadro reale è infatti ben diverso: secondo il Ministero delle Infrastrutture in Italia quasi il 50% delle coste sabbiose è occupato da stabilimenti balneari, con picchi (in Liguria, Emilia-Romagna e Campania) quasi al 70%.

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