Cultura

Marcus Du Sautoy, quella partitura magica di musica e matematica

Marcus Du Sautoy, quella partitura magica di musica e matematicaMarcus Du Sautoy

L'intervista Parla lo studioso Marcus Du Sautoy, voce della Bbc. "Trovare la struttura matematica nella musica, nella letteratura e nelle arti visive è un’aspirazione autentica, dal Rinascimento fino a Pollock e Dalí". Suoni e numeri nella mostra «Matemifasol» al Cosmocaixa di Barcellona

Pubblicato circa un mese faEdizione del 28 settembre 2024

«Ho scelto di diventare matematico e non musicista perché in fondo sono pigro». Una frase sorprendente, ma non se proviene da Marcus Du Sautoy, estroverso divulgatore britannico, presentatore della Bbc, autore di pièce teatrali, musicista, filosofo e scrittore. Lo abbiamo incontrato a Barcellona, dove ha recentemente tenuto una conferenza al Cosmocaixa, il museo della scienza della capitale catalana, per promuovere la mostra Matemifasol che esplora le interconnessioni tra matematica e musica.

La musica è un linguaggio misterioso quanto la matematica, non crede?
Sì, ma ciascuno ha il proprio accesso a ciò che lo appassiona. Tutti abbiamo orecchie e possiamo accedere immediatamente alla musica, anche senza capire bene come funzioni. Personalmente, ritengo che la musica sia il mio punto di accesso alla matematica. Ha strutture matematiche nascoste che rivelano quanto amiamo le cose che hanno un carattere matematico. Nel libro che sto scrivendo, Blueprints, esploro come anche artisti e non solo musicisti utilizzino queste stesse strutture.

Può fare qualche esempio?
La matematica è la scienza dei pattern e delle strutture. Se ci sono strutture, c’è matematica. In Shakespeare troviamo un endecasillabo nel verso Essere o non essere, che costringe a porre attenzione perché è diverso dal suo stile consueto, che utilizza pentametri giambici. Shakespeare lo usa come un elemento dirompente per invitare alla concentrazione. Recentemente, ho scoperto un altro risvolto affascinante. Quando parla di magia, usa versi settenari, come Puck in Sogno di una notte di mezza estate o le streghe di Macbeth. Quindi non credo sia una scusa: trovare la struttura matematica nella musica, nella letteratura e nelle arti visive è un’aspirazione autentica, dal Rinascimento fino a Pollock e Dalí.

È nata prima la sua passione per la matematica o per la musica?
Sono entrambe sbocciate quando avevo circa 12 anni. Un insegnante di matematica mi ha mostrato aspetti affascinanti della materia e una docente mi ha introdotto alla tromba. A 17 anni ero indeciso: ero abbastanza convinto di voler studiare matematica, ma una parte di me guardava al campo musicale. Mi stavo per iscrivere al conservatorio, ma poi non l’ho fatto: diventare un musicista richiede un’enorme quantità di duro lavoro. Bisogna esercitarsi per ore.

Perché, invece, fare il matematico è più semplice?
Una volta capito il problema matematico, si può risolvere rapidamente, e poi si ha il tempo di fare la propria musica o teatro. È stata la mia attitudine alla pigrizia ad attrarmi verso la matematica. Ne parlo nel libro Pensare meglio. Strategie e scorciatoie per decidere senza sbagliare (Rizzoli, 2021): come diceva il mio professore, la matematica è l’arte della scorciatoia. Se si ha davanti un problema complesso, non ci si deve limitare a studiarlo pedissequamente. Lo guardi e pensi: c’è un modo per aggirare questa montagna? Sì, c’è un sentiero là dietro. Ma trovare le scorciatoie richiede molto lavoro.

Lo sforzo di dover pensare allontana dalla matematica?
Dobbiamo celebrare la difficoltà di questa disciplina. Se un problema è troppo facile, non è interessante. Succede anche nell’arte. Un brano musicale facile magari piace subito, ma non manterrà l’interesse se lo ascolti più volte. Le cose che rimangono impresse sono quelle dove è stato necessario impegnarsi di più. Una volta ho fatto un programma sul barocco e la scienza di quel periodo per la Bbc, e siamo dovuti andare a Roma. Una città che non avevo mai capito. Ma quella volta un esperto ci disse come leggere gli edifici e le chiese barocche. È tutto nelle curve, non è immediato. È come il cricket: se non sai le regole puoi guardare una partita per ore ma è un mistero. La difficoltà rende le cose più affascinanti. In Good Will Hunting, il protagonista rinuncia all’università nonostante le sue doti matematiche perché per lui è troppo semplice. La sfida per gli insegnanti è trovare l’equilibro fra proporre problemi stimolanti ma non troppo frustranti.

Un po’ come nei giochi?
Esattamente. In Il giro del mondo in 80 giochi, parlo di come nessuno ami un gioco troppo facile. Tris è fantastico, la prima volta. Ma poi capiamo l’algoritmo e perde interesse. Preferisco giochi con regole semplici che creano complessità, come il backgammon, o I coloni di Catan dove l’interazione sociale con gli altri giocatori ha un ruolo centrale che lo rende più interessante. Non come lo Scarabeo che, invece, è individuale: devi aspettare che l’altra persona giochi, ma senza interagire.

Lei è anche titolare della cattedra di Comprensione pubblica della scienza a Oxford. Gli scienziati ascoltano?
Nonostante il nome un po’ accondiscendente della cattedra, fra scienza e società ci vuole un dialogo, non solo spiegazioni dall’alto. È essenziale che il pubblico comprenda la scienza per partecipare attivamente, per esempio per stabilire come l’intelligenza artificiale entri nella propria vita. Ma è anche vero che ci vuole bidirezionalità nel dialogo. Una delle ragioni per cui mi piace lavorare con gli artisti è che ho l’opportunità di capire come vedono il mondo e ascoltare le loro domande, a cui a volte non avevo pensato, e che diventano così parte della mia ricerca. Nei miei progetti, cerco sempre di dare alle persone l’opportunità di partecipare, come quando si tratta di creare una pièce teatrale in cui il pubblico è coinvolto. La matematica non è uno sport per spettatori passivi: per apprezzarla devi prenderne parte. Con la Royal Society abbiamo indetto molti forum per riunire scienziati e pubblico per parlare, sedersi e ascoltare. È così che stiamo creando spazi dove il dialogo possa avvenire.

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