Marcello Baraghini, l’alternativa
Interviste speciale estate Una vita all'insegna della rivoluzione permanente
Interviste speciale estate Una vita all'insegna della rivoluzione permanente
L’uomo che ho di fronte, nella sua libreria di Pitigliano, è un frullatore di storie, di persone, di idee geniali quanto paradossali. Perché Marcello Baraghini ha capito che bisogna vivere nel paradosso, e quindi fuori dalla logica, per raggiungere l’unica coerenza possibile: quella della libertà. Un capitolo fondamentale della sua vicenda sono i mitici Millelire, tascabili 10×14 pubblicati per la prima volta trent’anni fa, che si potevano trovare in libreria ma anche nei bar. Una parabola che arriva al boom nel ’95 e poi il calo, anzi come dice l’editore, lo sterminio. Nel frattempo la voce Millelire di Stampa Alternativa entra nell’Enciclopedia Garzanti, Baraghini vince il Compasso d’oro per le copertine, unico editore italiano, con il libro supereconomico che si afferma in tutto il mondo.
Scrissero della sua rivoluzione editoriale il «New York Times», l’«Herald Tribune» e il francese «La Tribune»…
La case editrice Stampa Alternativa nacque nel ’70 e fu affondata nel ’76 attraverso un mandato di carcerazione (per apologia all’obiezione di coscienza e all’aborto, ndr) a mio carico e si sciolse. Ricominciò ma nell’89 credevamo di essere di nuovo sconfitti con l’ascesa in campo del «delinquente naturale», come lo definisce il tribunale di Milano, che aveva ristretto le regole delle librerie indipendenti. Per avere il catalogo Mondadori sacrificarono noi.
Ebbi un’idea: asciugare le ridondanze del libro, niente più copertina a colori e orpelli che lo rendevano caro rispetto al lettore che avevo in mente. Testi vivaci, sfacciati e divertenti. Li realizzavo con l’ausilio di un tipografo amico e li vendevo a Porta Portese, alle fermate degli autobus o della metropolitana. Il posto di vendita più clamoroso, e parlo di centinaia di copie alla volta, era il bar di Vezio dietro a Botteghe Oscure. Vezio era un sovietico, con tanto di bandiera e ritratti, era frequentato da tutti i giovani politici come D’Alema e Veltroni, per dire i luoghi improbabili in cui le Millelire riuscivano a far breccia. Il primo titolo fu Prospettive fiabesche di macchine rare di Fortunato Depero, preso da una delle tante riviste degli anni del fascismo, prima delle leggi razziali.
Il salto avvenne con «Lettere sulla felicità» di Epicuro, che Augias mise davanti alle telecamere di «Babele», senza concordare nulla con l’editore, dicendo: prendete questo libro, vale milioni e costa solo mille lire. Nella classifica dei supereconomici su «La Repubblica» divenne il più venduto in assoluto, ininterrottamente per tre anni...
Epicuro riscriveva già ai suoi tempi le regole del vivere civile, della condivisione, della felicità e della responsabilità. Quando lo trovò Augias era fine ’92 e la casa editrice ricevette un ordine di 50mila copie, poi ne vedemmo 2milioni.
Quella fu la slavina che rivoluzionò il mercato editoriale italiano, 22 milioni di copie vendute, che impose una nuova categoria di libri, i supereconomici, tenendo presente che fino ad allora la biblioteca nazionale e l’Unesco consideravano libro un volume con almeno 64 pagine e con copertina rigida.
Sull’onda del caso di Stampa Alternativa e Millelire rividero le regole, malgrado esistessero già gli economici della Bur o gli Oscar. Ciò che esplose fu un nuovo tipo di lettore, con età media 16 anni, che avviava un percorso conoscitivo parallelo alla scuola, fatto di piccoli libri umili ma potenti nel contenuto.
Era la seconda vita di Stampa Alternativa, frutto dell’iniziativa e dell’improvvisazione ma anche dalla conoscenza del mondo attorno che cambiava. Pubblicarono Artaud o Alda Merini che dettò durante un lungo giro in macchina «Le parole di Alda Merini».
Vendette 300mila copie, quando in quel momento i numeri della poetessa si fermavano a qualche centinaia. Avevamo una tal potenza di fuoco che sfidavamo il mercato con le regole del mercato stesso. Il caffè costava 800 lire, quindi 1000 lire mi sembrava il prezzo minimo. A un certo punto il bilancio dichiarò 6 miliardi.
I soldi furono depauperati dall’assenza di cultura di impresa (ride, ndr), la casa editrice fu costretta ad assumere consulenti, capannoni e commercialisti. Sputammo sulla ricchezza, ma questo era nel dna. D’altronde sputai anche sull’entrata in Parlamento ai tempi del sodalizio con Pannella, fui l’unico radicale storico che se ne andò dal partito quando si intravide questa possibilità.
Classici e cultura pop insieme, con titoli come «Parole in ritirata. Scritte raccolte nei cessi da Paolo Pedretti» a fianco a «Due epoche» di Soren Kierkegaard o «Le veline di Mussolini» di Giancarlo Ottaviani. Albert Hoffman e Munari, si appassionarono alle sue trovate, partecipando con loro scritti.
Da Kierkegaard a questo paese parallelo con le sue frasi nei cessi, era ogni volta una bomba letteraria, culturale. Il segreto era la continua sorpresa, c’era passione, curatela, un piccolo apparato critico, delle copertine innovative che non somigliavano alle lapidi funerarie proposte dagli altri editori in quegli anni. Qualsiasi titolo era una riscoperta anche nella traduzione, che fosse di narrativa o saggistica, dove non vigevano vincoli ideologici.
Venivo dai figli dei fiori, dal ’68, fondai la Lega del divorzio con Pannella nel ’64, avevo fatto l’editore della controinformazione negli anni ’70, avevo ben chiaro il percorso dei diritti civili e sapevo cosa potesse stimolare le giovani menti.
I librai ne vendevano talmente tanti che accettarono la clausola di acquistarne 25 copie senza rese. Di qualsiasi novità partivano 2 o 300mila copie tutte vendute in partenza. Poi arrivò la PDE nazionale che diventa Feltrinelli e, secondo Marcello, sposa le regole del marketing dei grandi gruppi editoriali
Mettemmo talmente paura che si scatenò l’ira di Dio. Ci azzopparono con strumenti subdoli, situandoci in uno stato di crisi che si è conclusa 4/5 anni fa con la liquidazione della storica casa editrice. Il concorrente (Newton Compton, ndr) utilizzò l’arma del dumping con la collana 100 pagine a 1000 lire, non si sa come, o meglio ho un sospetto: vendevano a sottocosto. Più vendeva e più ci rimetteva. Al contrario di noi non scopriva nulla, prendeva lo Shakespeare scolastico con vecchie traduzioni magari «ritoccate». Ma quel tipo di traduzione non faceva brillare il contenuto e andava a deperimento. Inoltre rintrodussero il diritto di resa anche di una sola copia per titoli che costavano mille lire! I librai e gli insegnanti che potevano adottarlo come libro scolastico, abboccarono, non abboccarono però i lettori. Il mercato è ottuso, vuole solo redditività, non gli interessa il lettore: perché vengono pubblicati certi pornografi incapaci di scrivere? I libri oggi devono costare almeno 12 euro, sennò non producono profitto.
Il web gli ha ridato spirito di iniziativa, con i numeri delle Millelire che riscuotono una media di 10mila download. Malgrado le sconfitte, Baraghini vede ancora un futuro nelle librerie indipendenti. Da poco ha una nuova casa editrice, Le Strade Bianche, ha pubblicato insieme ad «un’associazione a delinquere», come scritto nel numero 1, la rivista di fumetti (e tanto altro) Karel Capek
Non mi arrendo. Con le mie poche forze sto iniziando una nuova sfida del mercato ma dall’esterno, imponendo il mio codice deontologico e non quello a barre, fino a proporre al lettore di fare lui il prezzo del mio libro. Prezzo popolare, senza copyright. Non bisogna creare il partito della nuova distribuzione perché non è immaginabile che il cibo per la mente abbia dei codici di possesso.
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