Visioni

Mara Redeghieri, il coraggio dell’identità

Mara Redeghieri, il coraggio dell’identitàMara Redeghieri – foto di Gianluca Simoni per Chiaroscuro Creative

Musica Debutto solista per l'ex voce degli Üstmamò con l'album «Recidiva»: «Ho seguito moltissimo il lavoro di Alda Merini, e mi affascina la scrittura di Mariangela Gualtieri. Queste poetesse sono state il mio punto di riferimento».

Pubblicato più di 7 anni faEdizione del 16 maggio 2017

Dodici anni con gli Üstmamò e da quindici lontana dal gruppo alternando collaborazioni a stati di quiete, Mara Redeghieri torna con Recidiva, il suo primo album solista. Un disco sottile e combattivo, musicalmente corposo. «Le due persone che hanno fatto sì che questo album nascesse – spiega – sono Nicola Bonascini che suona il basso. Ha insistito molto affinché tornassi a cantare . E poi il mio produttore artistico Stefano Melone che mi ha aiutato nella stesura compositiva di tutto l’album. I gruppi hanno delle dinamiche molto faticose, invece un produttore ha una visione decisamente più globale del progetto».

Recidiva è un debutto votato alla passione per la musica: «Dopo la storia con gli Üstmamò, mi sono molto affezionata al canto e anche alla vita che offre la musica». Canzoni ricche di riferimenti al sociale, come ad esempio Uomo nero: «Conosco tanti ragazzi che non posseggono documenti e questo li rende invisibili. Se sei ammalato o se sei presente in qualche modo nessuno ti riconosce e quindi la tua identità non esiste». Recidiva, che intitola l’album, ricorda lo stile di Lindo Ferretti: «Giovanni è stato l’incontro più importante della mia vita, per me è qualcuno di profondamente vicino allo spirito dell’arte». La scrittura dei testi e la parte musicale sono estremamente curati: «Ho seguito moltissimo il lavoro di Alda Merini, e mi affascina la scrittura di Mariangela Gualtieri. Amo e trovo incantevole la poetessa polacca Wislawa Szymborska, premio nobel nel 1996. Queste poetesse sono state per questo album il mio punto di riferimento».

Ci sono luoghi che sono parte di noi, culla e rifugio: «In Io sono la casa parlo della mia casa, che era dei miei bisnonni e dove è nata mia mamma. La mia casa è la mia chiesa, è dove ci sono ricordi, tante cose di cui vorrei liberarmi a volte. Alcune volte sarebbe bello anche non averla, pensare che la tua casa è il mondo. Invece no io sono ’posseduta’ dalla mia casa».

Pier Paolo Pasolini scriveva che la televisione aveva scalfito per sempre l’anima del popolo italiano, ed è un po’ il senso di Augh: «La trovo un mezzo pericoloso, e trovo che dai telegiornali escano false informazioni». Il mondo della musica è mutato completamente: «Negli anni novanta c’era più attenzione per gli artisti di nicchia, sia da parte del pubblico che delle etichette. Ora l’attenzione è spostata sui talent, dove spesso i giovani si bruciano e si fanno male. Noi invece dobbiamo resistere».

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