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Manovra, lite nella maggioranza

Manovra, lite nella maggioranzaMatteo Renzi con Pier Carlo Padoan

Governo La coperta per la legge di stabilità è corta. La minoranza del Pd e i centristi di Alfano presentano le loro priorità su tasse, redditi bassi e famiglie. Opposte.

Pubblicato circa 9 anni faEdizione del 21 agosto 2015

Prima imprese e lavoratori o prima le famiglie (ma solo quelle «tradizionali»)? Prima i redditi bassi e medio bassi o prima i proprietari di casa, tutti, ricchi e poveri insieme? La coperta è corta assai e le larghe intese che sorreggono il governo Renzi cominciano a tirarla. Così nello stesso giorno la minoranza bersaniana del Pd cala la lista delle sue richieste in vista della legge di stabilità, e il ministro dell’interno Alfano anticipa all’agenzia Ansa il «pacchetto» che alla ripresa ha intenzione di depositare sulla scrivania del presidente del Consiglio.
La legge di stabilità che il governo deve portare in parlamento entro metà ottobre sarà almeno di 25 miliardi di euro, anche perché 19 serviranno tutti a coprire le clausole di salvaguardia, che se dovessero altrimenti scattare comporterebbero l’aumento dell’Iva. Altro che riduzione delle tasse, come Renzi ha annunciato. La speranza del governo italiano è di essere autorizzato dai partner europei a una certa quota di spesa in debito, pur restando all’interno del famoso parametro del 3% nel rapporto deficit/prodotto interno lordo. Da qui i corteggiamenti del presidente del Consiglio alla cancelliera tedesca: la passerella con Merkel all’Expo è stata solo l’ultima scena. Intervistato dal Sole 24 Ore il ministro delle infrastrutture Delrio ha quantificato le aspettative del governo: dall’Europa «possiamo avere un’ulteriore flessibilità sugli investimenti dell’ordine dei 5-6 miliardi. La trattativa con Bruxelles è in corso».

Ma nel frattempo si tratta di fare i conti con le poche risorse a disposizione, e tutt’al più si possono immaginare miracoli con la spending review, il cui effetto finale però resta quello di un grosso taglio alla spesa pubblica per i servizi. E allora ecco la mossa della minoranza Pd, con l’ex capogruppo Roberto Speranza che non può dirsi contrario alla diminuzione delle tasse, ma in una lungo articolo sul Foglio propone le priorità della sua area: «redditi più bassi, lavoro, lotta all’evasione». E aggiunge «sarebbe opportuno un intervento a favore dei cittadini più deboli, ricordando che gli 80 euro non hanno portato giovamento né ai cosiddetti incapienti né ai pensionati». Ancora prima di queste categorie, però la minoranza del partito democratico pensa agli sgravi contributivi per le imprese che assumono. «In nessun caso si può ammettere che vengano ridotti o non si ripropongano per il 2016 e 2017 magari per usare le risorse per abolire Imu e Tasi anche sugli attici e superattici dei quartieri di lusso».
La sfida al premier è chiara, e opposta a quella che il ministro Alfano, che mette «una botta secca alla tassazione sulla prima casa» come priorità per gli alleati di governo di centrodestra. E poi aggiunge: «Serve una profonda deregolazione per passare dal sistema delle autorizzazioni a quello della libertà di fare» e infine «un pacchetto da 7,5 miliardi per detrazioni e deduzioni per i nuovi nati e aiuti ai nuclei familiari che assistono anziani in casa». Aiuti, manco a dirlo, che l’esponente centrista vuole indirizzare solo alla famiglia «tradizionale» perché «è quella che meglio ha retto alla crisi». red. pol.

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