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Manovra e decreto rave, la corsa finale

Manovra e decreto rave, la corsa finaleL'aula del senato della Repubblica – Ansa

Capodanno Il governo vuole chiudere sul bilancio al senato il 29. Ma alla camera teme l’ostruzionismo. Meloni, malgrado la partenza tardiva, vorrebbe finire in anticipo rispetto a Draghi e Conte

Pubblicato quasi 2 anni faEdizione del 27 dicembre 2022

Chiuso il primo tempo della legge di bilancio con il voto di fiducia alla camera alla vigilia di natale, il governo vorrebbe togliersi una piccola soddisfazione. Fare approvare definitivamente la manovra – dal senato – entro giovedì, 29 dicembre. La piccola soddisfazione consiste nel fatto che, malgrado l’opposizione abbia indicato il rischio dell’esercizio provvisorio, il sigillo finale arriverebbe persino con un giorno di anticipo rispetto al 2021, al 2020 e anche al 2018. In questi tre precedenti della scorsa legislatura il via libera definitivo alla manovra è stato sempre il 30 dicembre, mentre nel 2019 era arrivato all’alba del 24 dicembre.
Dunque proprio quest’anno, malgrado il suo governo abbia giurato il 22 ottobre, Meloni potrebbe fare meglio sia di Draghi che di Conte uno e due. Ma è una corsa che si svolge da anni senza rispetto delle regole parlamentari. La presentazione che ne ha fatto ieri il presidente della commissione bilancio del senato, Nicola Calandrini, di Fratelli d’Italia, è eloquente: «Saranno garantiti gli spazi di intervento politico e di dibattito», ha assicurato. Ma, ha subito aggiunto, il senato «non potrà che ratificare la legge di bilancio così com’è stata approvata dalla camera». Dunque si parlerà, un po’, ma non si cambierà una riga.

Del resto non potevano esserci dubbi, perché in due giorni non ci sarebbe stato il tempo per una terza lettura, obbligatoria nel caso il senato avesse cambiato qualcosa. Soprattutto quest’anno visto che anche la camera ha il suo da fare, vederemo più avanti quale. Intanto vale la pena ricordare che la terza lettura era stata la regola (con una sola eccezione) nella legislatura ancora precedente, ne i voti sulla manovra dal 2013 al 2017. Invece per trovare una legge di bilancio approvata senza fiducia (almeno in uno dei due rami del parlamento) bisogna tornare indietro a otto anni fa, 2014.

Che quest’anno il voto finale arrivi il 29 o il 30 dicembre lo deciderà questa mattina la conferenza dei capigruppo del senato (con prevedibile appendice in aula). In fondo cambia poco, la compressione dei tempi in commissione è stata identica. Anzi, questa volta il lavoro referente non è stata fatto neanche in una sola commissione, secondo la prassi del monocameralismo spinto che va avanti da anni, perché il governo ha sostanzialmente riscritto la manovra direttamente in aula con un maxi emendamento. Inutile contare su un ricorso alla Corte costituzionale per lesione delle prerogative dei parlamentari, come hanno fatto le opposizioni nel 2018 e nel 2019. Visto che l’ultima volta i giudici delle leggi hanno giustificato le forzature del governo giallorosso, sulla base del fatto che il Conte 2 aveva avuto poco tempo per la legge di bilancio essendosi insediato il 5 settembre. Cioè 50 giorni prima del governo Meloni.

La particolarità di questo 2022 è che la corsa di fine anno, con i parlamentari costretti alla presenza in aula a ridosso delle feste, coinvolge sia la camera che il senato. Anche a Montecitorio, infatti, il voto della vigilia sulla legge di bilancio non ha significato il liberi tutti. Perché è prossimo alla scadenza – 30 dicembre – il primo provvedimento del governo Meloni, il contestato «decreto rave» che contiene anche le norme sull’ergastolo ostativo, sul rinvio della riforma penale Cartabia e sul rientro dei medici non vaccinati. Un evidente insieme disorganico e di dubbia necessità e urgenza che, hanno confermato le audizioni in commissione alla camera, dopo quelle del senato, è a rischio incostituzionalità. Ma anche in questo caso il governo non può permettersi ritardi, pena la decadenza del decreto. La differenza è che le opposizioni alla decadenza in questo caso puntano, avendo tutte – Calenda e Renzi compresi – provato ad abrogare il provvedimento al senato. Con l’ostruzionismo potrebbero persino riuscirci, cosa che non si sognano di fare sul bilancio per timore dell’esercizio provvisorio. Non è escluso che per evitare le barricate alla camera sul decreto rave, la maggioranza debba rinunciare alla sua piccola soddisfazione al senato. Rassegandosi a una mediazione e dunque a votare la manovra il 30 dicembre. Come negli anni precedenti.

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