Del conflittuale, complesso rapporto fra Dante e Firenze, Giovanni Villani nella sua Nuova Cronica (1322-1348) ci dà una sintesi illuminante: «Questo Dante fue onorevole e antico cittadino di Firenze e ’l suo esilio di Firenze fu per cagione, che quando messer Carlo di Valos de la casa di Francia venne in Firenze l’anno MCCCI, e caccionne la parte bianca, il detto Dante era de’ maggiori governatori della nostra città e di quella parte, bene che fosse guelfo; e però sanza altra colpa co la detta parte bianca fue cacciato e sbandito di Firenze».
Quel «Dante onorevole antico cittadino di Firenze» fa da titolo alla mostra curata da Luca Azzetta, Sonia Chiodo e Teresa De Robertis che scansiona il lavoro di ricostruzione postuma e amplificazione della parola dantesca negli anni immediatamente successivi alla sua morte, fino alla metà del Trecento, scoprendo preziosi manoscritti, dipinti, tavole a fondo oro, documenti (la rassegna è visitabile fino all’8 agosto, catalogo Mandragora).

LA CITTÀ RITROVA il suo illustre figlio e mette in atto un processo di cancellazione di quella infausta damnatio memoriae, restituendogli l’importanza e la dignità di cui era stato privato a causa delle ripetute condanne. L’ultima, all’esilio definitivo, il 10 marzo 1302, proprio qui, nella Sala dell’Udienza dell’allora Palazzo del Podestà, ora Museo del Bargello, dove la mostra è allestita. Il recupero dantesco trova una definitiva consacrazione nella attigua Cappella del Podestà, dove nel 1337, Giotto impostava il suo ultimo capolavoro pittorico, ritraendo il volto del poeta e includendolo tra le schiere degli eletti nel Paradiso.

È PROPRIO ATTORNO a questo ritratto, la prima effigie nota del padre della lingua italiana, che si delinea quel processo che permetterà a Firenze di riappropriarsi della sua figura come della sua opera.
Magnifici testimoni in mostra ne sono le copie della Commedia (e non solo), pagine aperte di palpitante emozione, scritte annotate commentate arabescate miniaturizzate, provenienti dalle storiche biblioteche fiorentine (Nazionale, Riccardiana, Medicea Laurenziana) ma anche da Milano, Parigi, Toledo, Città del Vaticano, New York.
«Si tratta – sottolinea la direttrice del Bargello Paola D’Agostino – di copisti, miniatori, commentatori, lettori, volgarizzatori, le cui vicende professionali e umane si intrecciano fittamente restituendo l’immagine di una città che sembra trasformarsi in uno scriptorium diffuso, al centro del quale campeggia la Commedia».